Pd-Azione, ecco cosa cambia nei collegi di Bologna

Il patto agita i dem: ipotesi Richetti all’uninominale, papabile anche Lombardo. E intanto Mugavero lascia il movimento per protesta

Matteo Richetti, ex dem, è presidente nazionale di Azione: potrebbe correre in città

Matteo Richetti, ex dem, è presidente nazionale di Azione: potrebbe correre in città

Bologna, 3 agosto 2022 – L’accordo tra Pd e Azione è diventato realtà. Romano Prodi festeggia ("si tratta di un accordo elettorale che rende molto più forte la coalizione e comprende finalmente una comune strategia su scelte determinanti per il futuro del Paese"), ma nel Pd la tensione è alta . E pure in Azione c’è già chi, come l’editore Roberto Mugavero, ha già deciso di sfilarsi ("Inaccettabile l’accordo con gli ex M5s"). Intanto l’effetto Calenda rischia di far salire i dem sulle barricate. Il patto di ferro siglato da Enrico Letta a livello nazionale con l’ex ministro si basa sì sul programma, ma soprattutto sui collegi.

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Un patto – 70% al Pd, 30% ad Azione e +Europa – che significa 15 collegi sicuri a livello nazionale. Dove trovare i seggi più appetibili se non nelle roccaforti rosse? Da qui, è già sicuro che almeno 3/4 verranno assegnati ad Azione in tutta l’Emilia-Romagna (ma c’è chi azzarda 5) e almeno uno Calenda lo vorrà sul territorio più ’blindato’: Bologna. Il più papabile è quello del Senato, il seggio che fu Pier Ferdinando Casini nel 2018, in epoca renziana, e che oggi potrebbe andare a Matteo Richetti. L’ex dem, modenese, presidente del partito potrebbe correre qui, visto che tra l’altro il seggio per Palazzo Madama è amplissimo e comprende anche un pezzetto della provincia modenese. L’altra ipotesi è che, invece, possa essere ’paracadutato’ in un collegio della Camera, Bologna città o quello della Pianura. Resta un unico dubbio: nell’accordo Letta-Calenda è specificato che i leader non correranno nell’uninominale, ma nel proporzionale.

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Da qui, visto che Richetti è presidente del partito, potrebbe anche finire nel listino. Lui, non si sbilancia, ma respinge eventuali mal di pancia: "Presto fare nomi, ma in Emilia-Romagna ci sono nato e sono sempre stato eletto qui. Non ci sono arrivato col paracadute". L’altro nome papabile è quello dell’ex assessore dem Marco Lombardo, oggi segretario provinciale di Azione, che se non correrà come capolista del suo partito nel proporzionale, potrebbe correre all’uninominale alla Camera. Da qui, la lotta per i collegi rischia diventare più dura del previsto per i dem. Il deputato uscente Andrea De Maria e l’ex sindaco Virginio Merola restano in pole, ma non è detto che spuntino la roccaforte rossa d’Italia: il collegio di Bologna città. Molto papabile per la minoranza Francesco Critelli che giocherà il derby con l’imolese Daniela Manca, ma resta da capire anche chi entrerà nel plurinominale. Se, infatti, Letta garantisce il diritto di tribuna nella liste Pd a Luigi Di Maio e i suoi, il rischio per i dem è ritrovarsi qualche sorpresa anche nel proporzionale. C’è poi il capitolo donne: ottime chance per Sandra Zampa, storica portavoce di Prodi ed ex sottosegretaria, alla quale si aggiungono Valentina Cuppi (presidente Pd) ed Elly Schlein (in quota Articolo 1). Nomi che, appunto, essendo nazionali dovrebbero arginare altre candidature di big non bolognesi. Il mantra è: "Se c’è Calenda o altri, ci sarà un dirigente nazionale in meno". La stessa segretaria provinciale Pd Feder ica Mazzoni l’altro lunedì aveva lanciato l’avvertimento a Roma: "Le liste siano rispettose di Bologna".

 

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