Difesa e ’tiri ignoranti’: il momento di Basile

Un modo di attaccare Cantù con triple ai limiti dell’assurdo, diventano una sorta di stile di vita per la Fortitudo di Gianluca

di Alessandro Gallo

La leggenda narra che grazie alla sua cessione Reggio Emilia abbia potuto disputare, almeno 7-8 campionati, con il budget già coperto. La cifra complessiva – compresi i passaggio di Roberto Chiacig e Andy Betts nella città del Tricolore – non è mai stata resa nota. Quel che è certo, però, è che il trasferimento di Gianluca Basile (nato a Ruvo di Puglia il 24 gennaio 1975) è un derby speciale, che Fortitudo e Virtus giocano a colpi di rilancio.

Con Reggio Emilia, naturalmente, che approfitta della situazione per ottenere il massimo dalla vendita del gioiellino.

Di Basile, anzi, di Baso, è innamorata la Virtus: del resto il braccio destro di Ettore Messina sulla panchina bianconera è Giordano Consolini, che ha lavorato a Reggio Emilia e che conosce bene Gianluca e le sue straordinarie qualità.

Nell’autunno-inverno del 1998: il livello delle guerre stellari tra Fortitudo e Virtus ha raggiunto picchi elevatissimi. Il derby vale per lo scudetto (1998), il derby vale per l’Europa (dopo i quarti di finale del 1998 c’è la semifinale a Monaco di Baviera un anno più tardi): Basile vale molto di più.

La Virtus è convinta di aver messo le mani su Baso, forte anche del feeling con Jordan Consolini. Ma la trattativa, quando è a un passo dalla conclusione, si arena perché i bianconeri non vogliono lasciar partire Dan O’Sullivan.

In quel momento, 1998-1999, Basket City non ha problemi economici: da una parte la solidità di Alfredo Cazzola e le garanzie offerte dagli abbonamenti e dallo sponsor Ferrero, dall’altra Giorgio Seràgnoli.

L’Emiro, come viene chiamato Seràgnoli, non bada a spese e Basile, che viene marcato a vista dal masseur Abele Ferrarini (conosciuto ai tempi della Nazionale), finisce così in Fortitudo.

Play o guardia? Il dubbio all’inizio è legittimo perché forse nemmeno il Baso conosce il suo reale valore. Quel che è certo è che se si tratta di un play, è un regista anomalo. Che sa tirare e marcare, grazie al suo fisico, guardie e ali.

Per l’Aquila è un play, perché, diversamente, non potrebbe giocare, come fa sempre, al fianco di Carlton Myers, che è pure il suo capitano, nonché il suo primo…. concessionario auto.

Baso, che sulla carta di identità alla voce professione, ha ancora la vecchia voce ’bracciante agricolo’, arriva a Bologna, insieme con la sua Nunzia, a bordo di una Golf.

Capita che, una volta, il Baso dia un passaggio a casa a Carlton e Myers, appunto, gli faccia una testa così sulla necessità di cambiare al più presto auto.

Baso è così ligio alle direttive del capitano che alla fine, acquista proprio da Carlton un’Audi 8.

La prima stagione non è delle migliori, perché Gianluca non può giocare in Eurolega e, in campionato, si configura l’unica finale mancata dalla Fortitudo nel decennio 1996-2006.

Marconato stoppa Karnisovas, in finale ci va la Benetton, anche se lo scudetto se lo porta a casa Varese. E proprio da Varese, nella stagione in cui Baso diventa campione d’Europa con l’Italia, arriva Charly Recalcati. Per il quale Baso diventa un elemento imprescindibile. In campo, soprattutto nei derby, Basile cancella nientemeno che Antoine Rigaudeau, realizza canestri importanti e, quel che più conta, vince il primo scudetto della storia Fortitudo. E’ il 2000, il bracciante agricolo di un tempo ha ormai lasciato posto al campione di basket.

Campione sì, ma senza perdere l’umiltà di chi ha saputo costruirsi pazientemente, giorno dopo giorno. E così, grazie alla sua umiltà e alla sua naturalezza, nasce anche un’immagine che fa la fortuna dei giornali e trasforma Basile in un’icona. Dopo una serie playoff con Cantù, nasce la favola dei tiri ignoranti e Basile è il profeta di questo modo di intendere la pallacanestro, con triple apparentemente assurde, ma che vanno a segno grazie all’estrosità (anche se lui usa un vocabolo più forte) di Basile.

Sempre protagonista dei giornali, suo malgrado, Basile lo diventa anche nell’estate del 2003. E’ l’estate della radiazione della Virtus, il derby è sempre derby. "Godo", dice Basile, al quale, poi, qualche collega aggiunge "Godo come un riccio". Riccio o meno è la stracittadina che tiene banco e che trasforma, una volta di più, Basile in un’icona Fortitudo, nonché capitano. Arriva, nel 2005, anche il secondo scudetto. Anche se, al Forum, il tiro ignorante non porta la sua firma, ma quella del serpentaro Ruben Douglas.

La parentesi biancoblù è agli sgoccioli: Basile va in Catalogna, dove vince titoli spagnoli e, soprattutto, quell’Eurolega che è l’unico trofeo che gli manca.

Torna in Italia, Cantù, Milano, fino all’esperienza a Capo d’Orlando, con il Poz, che gli cambia la vita.

Già, perché Baso resta in Sicilia. Prende casa anche in Sardegna, ma è nella Trinacria che decide di mettere le radici. Riprende l’attività di bracciante agricolo, tra ulivi e cesti di vimini da intrecciare. Ogni tanto parte per battute di pesca, mentre Nunzia, la moglie, si occupa di cani randagi e abbandonati.

Ogni tanto torna all’ombra delle Due Torri, dove ha ancora tanti amici ed estimatori. Dovrebbe insegnare la tecnica del tiro ignorante. Ma Baso purtroppo è unico e inimitabile.

(27. continua)

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