Il fallimento della società del possesso

Saman, Alice, Greta. Corpi ritrovati, corpi bruciati, corpi assenti. I corpi di queste donne sono il fallimento di una società incardinata nel possesso, nella violenza. E i loro corpi ci parlano e meritano il nostro pensiero, le nostre riflessioni, le nostre scuse. Gli esami istologici ci diranno di più sulla giovane pakistana e riveleranno, forse, che potrebbe essere stata soffocata e buttata come immondizia in una tomba di terra e calcinacci a Novellara dove il tempo ha saponificato sì quel corpo, ma ha anche cristallizzato le prove di un omicidio di famiglia. Alice, la mamma di Concordia, invece sarebbe forse stata approcciata, violata, uccisa e bruciata da un uomo che forse doveva essere espulso e ora è in fuga. In questa sequenza, se dovesse essere confermata, c’è tutta la tragedia di un possesso, di cui parlavamo prima, non solo tossico e malato, ma anche la firma di un sistema giudiziario che spesso sul tema dei rimpatri, delle espulsioni e dell’integrazione non funziona. Quell’uomo doveva essere allontanato, mentre Saman doveva essere protetta. Nulla è avvenuto. Poi c’è Greta, scomparsa tra il Delta e la Lombardia, anche lei assente, un fantasma com’è stata Saman. Ma i corpi, anche assenti, parlano. E parlano i timori della donna, sussurrati a un investigatore privato: «Ho pestato i piedi a qualcuno, ho paura». Abbiamo detto più volte che per fermare la violenza serve una forte azione culturale, abbinata a un sistema giudiziario che risponda in maniera efficace. Raccontare queste storie, raccontare di questi corpi significa ridare una vita, una umanità, dove l’uomo ha fallito.