Le notti violente, quei re del nulla

Nell' immagine esterna abbiamo tragicamente visto cosa c’è. Spregiudicatezza, violenza, senso di impunità e di onnipotenza. Ma dentro, nell’anima, il luogo interiore da cui si sprigiona tutto il resto, è un pozzo profondo e insondabile dove la ragione si smarrisce. E qui che affondano le radici della gang di sei adolescenti, ora arrestati, che provocò la strage della discoteca a Corinaldo. Uno scenario di morte che apre la porta di un’altra storia scellerata. Scatenarono l’inferno quella notte e morirono in sei travolti dalla calca in fuga dallo spray al peperoncino, l’arma che il gruppo di balordi utilizzava per aggredire e rapinare le vittime in discoteca. Una banda seriale, organizzata, composta da giovanotti decisi, cinici tanto da continuare le scorribande in decine di locali pur avendo sulla coscienza l’orrore di Corinaldo. Come legati da un patto fatale. A volte con la regia di gruppo, spintoni e distrazione delle vittime, a volte con la violenza dello spray, rapinavano catenine, orologi, braccialetti. Tutto facile, un altro colpo e via, decine di volte come in giostra. Poi le risate, l’esaltazione collettiva. La cocaina aiuta in questi casi. Con la convinzione che le regole non contino. Prendi quello che ti serve, tanto non succede niente.

Chissà cosa c’è dentro l’anima di questi ragazzi, provenienti da «famiglie normali», tranne uno figlio di un piccolo boss dei casalesi. Già, le famiglie. Sono sempre le ultime ad accorgersi dell’incubo che cresce in casa. L’educazione, si dice, comincia fra le mura domestiche, eppure non sempre funziona. La gioventù bruciata inganna prima padri e madri, poi , certo, se abbandoni un adolescente nella palude del disagio senza coglierlo, senza curarlo, è peggio ancora. Questi «re del nulla» assomigliano per spudoratezza ai due americani che hanno accoltellato il carabiniere a Roma. Atteggiamento sprezzante, cocaina e violenza fino alla morte. Degli altri. Non a caso anche nello scenario della gang di Corinaldo spunta la droga. Sempre lei, maledetta e implacabile, corrode coscienze e cervello. Come a Monza, dove nel vortice della dipendenza è finita una bimba di dieci anni. E se le famiglie della gang assassina non hanno saputo capire, pazienza. Assolviamole. Ma i «re del nulla» paghino il conto. È l’occasione per far capire che l’impunità a volte  è un contratto a termine.