Fratello e parente morti nel naufragio, lo Stato non paga il risarcimento ma chiede 20mila euro di tasse

Ai famigliari delle vittime sono arrivate le cartelle esattoriali per le spese di deposito di sentenza . Nessuna traccia invece dei 200mila euro previsti proprio dalla condanna definitiva di nove anni fa.

I resti della Katër i Radës, la nave entrata in collisione nel 1997 con la corvetta Sibilia della Marina Militare

I resti della Katër i Radës, la nave entrata in collisione nel 1997 con la corvetta Sibilia della Marina Militare

Ancona, 15 marzo 2023 – Un fratello disperso e un altro parente deceduto nella cosiddetta tragedia del "venerdì santo" che insanguinò le acque del basso Adriatico. Era il 28 marzo 1997 sul canale d’Otranto, quando una nave con oltre 120 profughi albanesi, tra cui numerose donne e bambini, entrò in collisione con la corvetta Sibilla della Marina Militare italiana. Furono 81 le vittime, solo 34 i sopravvissuti.

Il Ministero è stato condannato a risarcire i quattro familiari di quel disperso e di quella vittima, di origini albanesi e tutti residenti a Jesi, in provincia di Ancona, per 200mila euro: la sentenza che attribuisce la responsabilità allo Stato è diventa definitiva 9 anni fa, ma il risarcimento non è mai arrivato, nonostante la causa civile da loro avviata e vinta. Non solo: a 25 anni da quella tragedia al posto dei risarcimenti sono arrivate le cartelle esattoriali.

A riceverle proprio i familiari delle vittime, invitate a pagare le spese di deposito di sentenza: quasi 16mila euro più 5mila di sanzione. Ora rischiano una procedura esecutiva. Per questo l’avvocato anconetano Andrea Nobili che segue la famiglia jesina di origini albanesi si è rivolto al garante della Puglia, per chiedere di intervenire e fare chiarezza su quella cartella esattoriale.

"All’esito del procedimento penale instaurato davanti al tribunale di Brindisi, confermata parzialmente dalla corte di appello – scrive l’avvocato Nobili al garante della Regione Puglia – con la sentenza del 2011 divenuta definitiva nel 2014 con la Cassazione è stata riconosciuta la responsabilità del Ministero della difesa e quindi dello Stato italiano. Per ottenere il risarcimento dei danni subiti e il riconoscimento dei propri diritti, a fronte dell’ostruzionismo dello Stato italiano le parti sono state costrette ad adire la giustizia civile promuovendo azione nei confronti del Ministero della Difesa davanti al tribunale e poi alla corte di appello di Lecce. Entrambi hanno affermato la responsabilità del Ministero e quindi dello Stato condannandolo al risarcimento dei danni subiti dai familiari delle vittime del naufragio. Nonostante non fosse stato corrisposto il dovuto ai familiari delle vittime lo Stato, tramite l’Agenzia delle entrate ha domandato, individuando solo alcune delle 66 parti processuali, il pagamento dell’imposta".

"L’agenzia delle entrate in particolare – spiega Nobili- due anni fa ha ingiunto a uno dei quattro familiari di pagare la tassa per la registrazione della sentenza di primo grado. Dopo pochissimo tempo l’Agenzia ha notificato allo stesso, lo scorso anno, una cartella maggiorata di 4.725 euro per sanzione. In tutto 20.703 euro. Una richiesta incoerente e ingiusta come ho segnalato alla stessa agenzia delle entrate. La risposta che ho ottenuto è stata sintetica e priva dei necessari approfondimenti per questo mi sono rivolto al garante che ha già chiesto chiarimenti all’agenzia delle entrate di Lecce".