SERGIO GIOLI
Editoriale
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La droga dei politici

I politici sono drogati di social. È più forte di loro, non possono farne a meno. Quando hanno sulla punta della lingua la battuta insulsa, sprezzanti del ridicolo, la lanciano nell'etere, assetati di like, pollici all'insù e faccine sorridenti. Vivono in una bolla, pensano che l'applauso di quattro seguaci sghignazzanti equivalga all'approvazione degli elettori. Solo che le emoticon sono una cosa e i voti un'altra. Lo sa bene la consigliera comunale di Fratelli d'Italia Annalisa Pittalis, che ha deriso la presidente uscente della Regione Emilia-Romagna Irene Priolo rea di aver indossato (peccato gravissimo) una gonna di tulle. Probabilmente senza gli intenti reconditi che le sono stati in seguito attribuiti, Pittalis (candidata non eletta alle ultime regionali) avrà pensato: ''Con questo post chissà quanti social-applausi incasserò''. E magari in un primo momento è stato davvero così. Poi, però, sono arrivati i social-insulti e i social-sermoni dei social-indignati sempre pronti col dito fumante sul touch screen, in un crescendo di messaggi degno di miglior causa. Non sappiamo quanto l'inutile tempesta abbia sconvolto i cittadini-elettori, ma sappiamo di sicuro che alle ultime regionali si è astenuto il 53,6% e sappiamo anche che sarebbe bene cominciare a chiedersi perché. Forse lo sciocchezzaio social ha fatto il suo tempo, forse la serietà pagherebbe di più. Che nostalgia per i ragionamenti bizantini di Ciriaco De Mita e per le lunghe pause di Bettino Craxi, che, evidentemente, misurava le parole e pensava prima di aprire bocca. Ma nella bolla social, si sa, pensare è sconsigliato.