Editoriale

Pronto soccorso, un nodo da risolvere

Ho trascorso 7 ore al pronto soccorso dell'ospedale Maggiore in un girone infernale con centinaia di pazienti in barella o seduti come me in sedia a rotelle con infermieri non sempre educati, medici oberati di lavoro. Alla fine delle 7 ore, pur avendo un grave problema all' occhio e alla testa, sono fuggita e tornata a casa. Ho ricevuto in 7 ore 2 flebo, un angiotest e un ecg ma senza ricovero, per mancanza di posti letto. Quindi alla fine I ricchi si curano I poveretti si arrangino.

Nicoletta Favaro

Risponde Beppe Boni  

Il nodo dei Pronto soccorso sempre affollati e con personale, medici e infermieri, insufficiente non è del tutto risolto. Nè in Emilia Romagna, nè nella maggioranza delle città italiane. Stanno aprendo ovunque i Cau, ma sono ancora pochi. Lo sforzo per migliorare c'è, i risultati concreti e diffusi devono ancora arrivare. I due Cau ospedalieri di Bologna sono strutture sanitarie in cui lavorano medici di assistenza primaria e infermieri formati per assistere pazienti con problemi urgenti a bassa complessità, 7 giorni su 7 , 24 ore su 24 in accesso diretto. Nel primo Cau, con sede al Policlinico Sant’Orsola, i medici sono messi a disposizione dall’Azienda Usl, mentre gli infermieri sono professionisti del Policlinico. Il personale sanitario che presta servizio presso il Cau dell’Ospedale Maggiore, come per tutti gli altri centri in provincia già attivi, è messo a disposizione dall’Azienda Usl di Bologna. I Cau accolgono codici bianchi e verdi, ovvero persone con disturbi di media gravità, fra le altre cose mal di testa , ustioni minori/solari, disturbi della vista, contratture muscolari, dolore alle articolazioni, sangue al naso e altro. Bene queste nuove strutture, però i Pronto soccorso devono diventare luoghi accessibili e smettere di essere gironi infernali. Questa è una priorità assoluta.

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