FABIO CASTORI
Cronaca

Svolta nella morte di Lorenzo Rosati, il compagno di cella alla sbarra

Il detenuto fermano di 50 anni deceduto in circostanze misteriose al pronto soccorso dopo che si era sentito male in carcere. In un primo momento era stato ritenuto un incidente, invece si pensa a un pestaggio

La tragedia si era consumata il 28 maggio 2021, quando, all’ora di pranzo, Rosati si era sentito male. Poche ore dopo il decesso in ospedale

La tragedia si era consumata il 28 maggio 2021, quando, all’ora di pranzo, Rosati si era sentito male. Poche ore dopo il decesso in ospedale

Fermo, 2 giugno 2024 – Sarà processato in Corte d’Assise, a Macerata, Zudi Jasharovski, il 24enne di San Severino Marche di origini albanesi accusato dell’omicidio di Lorenzo Rosati, il detenuto fermano di 50 anni deceduto in circostanze misteriose al pronto soccorso, dopo che si era sentito male in carcere. Lo ha deciso il gup del tribunale di Fermo che, al termine dell’udienza preliminare relativa alla tragedia che, in un primo momento era stata ritenuta un incidente, ha rinviato a giudizio l’imputato.

Soddisfatti i legali della famiglia Rosati, gli avvocati Marco Murru e Marco Melappioni, che fin da subito si sono battuti per dimostrare che il 24enne di origini albanesi e compagno di cella della vittima all’epoca dei fatti, fosse l’autore del pestaggio mortale. "C’è soddisfazione – spiega l’avvocato Murru – perché inizialmente c’era scetticismo per la versione dei fatti sostenuta dalla famiglia Rosati, che si è costituita parte civile. Ora, a distanza di tre anni, si è ribaltata la situazione e l’autore del brutale pestaggio sarà giudicato davanti ad una Corte composta da giudici togati e popolari, cittadini italiani estratti a sorte tra quelli iscritti in un apposito albo".

Gli fa eco l’avvocato Melappioni: "Quella di Rosati non è stata una morte naturale né dovuta ad un incidente in cella. Non si può accettare l’idea che vi sia la possibilità di morire all’interno di un istituto penitenziario dove si è stati tradotti per scontare la pena riconosciuta dal sistema. Ricordiamo che il povero Rosati ha perso la vita a soli 7 mesi dal fine pena". La tragedia si era consumata il 28 maggio 2021, a Fermo, quando, all’ora di pranzo, Rosati si era sentito male e i suoi compagni di cella avevano lanciato subito l’allarme. Il detenuto era stato visitato dal medico della struttura che, viste le gravi condizioni del 50enne, aveva deciso di allertare il 118. Gli operatori sanitari, giunti sul posto, avevano trasportato l’uomo al vicino pronto soccorso del "Murri".

Rosati aveva praticamente la milza spappolata e un’emorragia ormai irreversibile. Nonostante i tentativi di rianimarlo, il 50enne aveva esalato l’ultimo respiro intorno alle 17. Erano scattati immediatamente i primi interrogativi: come si era procurato quelle lesioni il detenuto? Era stato aggredito o si era trattato di un incidente? Il referto era stato trasmesso alla Procura della Repubblica di Fermo, che aveva aperto un fascicolo a carico di ignoti per morte conseguente ad altro reato, disponendo poi l’autopsia sulla salma. L’incarico era stato affidato al medico legale di Teramo, Giuseppe Sciarra, e i risultati dell’esame autoptico erano apparsi abbastanza chiari. Nel referto si parlava di decesso da attribuire ad un "traumatismo contusivo toracoaddominale sul fianco sinistro, emoperitoneo da lacerazione della milza e conseguente shock ipovolemico".

La perizia affermava inoltre che la zona del corpo esaminata era "stata interessata da un evento traumatico prodotto da un mezzo contundente non dotato di spigoli vivi, ma con superfice arrotondata e aveva agito con una piccola angolatura dal l’alto in basso". Nonostante ciò, il pm aveva presentato al gip la richiesta di archiviazione del caso, ipotizzando una caduta. Tesi, questa, supportata da una ferita occipitale rinvenuta sul capo della vittima, che il medico legale non aveva escluso essere attribuibile al contatto con il pavimento. I legali di Rosati, però, avevano depositato un’istanza di opposizione, accolta dal giudice. Tutto era ricominciato daccapo e questa volta, scavando a fondo, era stato trovato il presunto responsabile del decesso: il 24enne albanese difeso dall’avvocato Vando Scheggia che, dopo gli ultimi sviluppi, finirà davanti alla Corte d’Appello per essere processato.