Massimiliano Celia è partito da Latina, Lazio, il muso del camion puntato su Ferrara, piazza Ariostea. Su un piedistallo, poggiato alla bancarella, c’è un cinghialotto imbalsamato. Nello stand una montagna di salami e formaggi. "Soprattutto pecorino", precisa, la mano ad indicare l’insegna ’Le specialità del bosco’. "La gente ha pochi soldi in tasca, non spende", mastica amaro. Come lui altri colleghi. Sarà la crisi del commercio, sarà che ancora molti sono rimasti al mare allungando la stagione. Musi lunghi ieri mattina tra gli ambulanti di ‘Ariostea in fiera’, seconda edizione, quattro giorni di esposizioni, street food e spettacoli. Oggi l’ultimo atto. C’è chi è tornato, dopo il boom dello scorso anno, e denuncia però di aver trovato ben altro scenario. Come Antonio Mangano e Luca Cipolla, calabresi. Il loro paese è a mille chilometri di distanza, Corigliano, mar Ionio. Si sono portati dietro una montagna di souvenir per ammazzare la nostalgia. Polvere rossa e bombe al peperoncino, barattoli sott’olio, salame che brucia solo a guardarlo. Sapori calabresi, la casa del peperoncino, recita l’insegna. C’è disegnato un pupazzo, gli occhi fuori dalle orbite, che manda fiamme. "Come va? Possiamo rispondere alla domanda successiva?", una battuta, per alleggerire un po’ il clima. E’ ormai mezzogiorno, in pochi si fermano agli stand. Ai tavoli di legno disseminati sul prato della piazza solo una coppia di fidanzati, a sorseggiare una birra. La speranza è che il trend si inverta nelle prossime ore. "Siamo qui da giovedì, c’è poca gente. Non va per niente bene". Sergio Sanchez, lo stand accanto, è al timone di ’Caminito’, carne argentina in tutte le salse. Costate e tocchi di manzo sulla griglia, tagli per grandi palati. "Abbiamo specialità della Spagna, Messico Argentina", elenca Sanchez, 25 anni di lavoro alle spalle tra filetti, salsicce e braciole. Un cognome che evoca glorie del calcio al di là dell’oceano. Poi punta gli occhi verso i tavoli e le panche, ancora vuoti. "Non c’è nessuno e i due giorni precedenti non sono certo stati positivi, non c’è gente basta guardarsi attorno", sottolinea, scuotendo la testa. "Come mai? Non possiamo sempre dare la colpa alla crisi, al fatto che la gente non ha più soldi in tasca. Sì, magari un po’ contribuisce a creare questo quadro".
Vende birre Gianfranco Gianfranchi, bionde e rosse, al doppio malto, in bottiglia e alla spina, artigianali e filtrate. Viene da La Spezia, l’impresa si chiama ’Il fruttolo’. "Per tutto l’anno vado alle fiere, alle manifestazioni – racconta, mentre serve due fidanzati –. Questa è la mia attività, mi sposto da un capo all’altro dell’Italia. L’anno scorso qui c’era un fiume di gente. La festa è bella, è organizzata bene. La piazza poi è bellissima, ma di gente non ce n’è e non si capisce come mai". Gianfranchi si augura che le prossime ore regalino gioia e scontrini. "Hanno pure messo pioggia per oggi", e allunga ai due fidanzati i bicchieri che schiumano. "Potete mettervi dove volete, i tavoli sono liberi".