REDAZIONE FERRARA

Crisi dell'automotive europea: il futuro dell'industria auto in Italia

La crisi di Stellantis riflette la sfida dell'automotive europeo tra transizione elettrica e innovazione digitale.

La vicenda Stellantis è parte della crisi dell’automotive europea che mette a rischio migliaia di posti di lavoro, stabilimenti industriali storici, e la filiera dell’indotto. Soprattutto la componentistica, una eccellenza italiana. La domanda di fondo è: vogliamo che in Italia ci sia un’industria dell’auto? O dobbiamo rassegnarci a gestire il progressivo smantellamento?

La prima cosa evidente è che c’è bisogno di un salto di dimensione: se la crisi non è solo di Stellantis ma dell’automotive, serve una risposta europea. Stiamo vivendo una fase di trasformazione per due ragioni. La prima è la transizione all’elettrico. La seconda è l’integrazione con il digitale. Le auto del futuro saranno strumenti con i quali si farà molto più che guidare, anche perché la guida sarà sempre più autonoma.

Questo cambiamento è stato anticipato dai concorrenti principali dell’industria europea, Cina e Stati Uniti, che sono all’avanguardia su questo settore. Puntare sull’innovazione aiuta l’esportazione, elemento fondamentale in un momento in cui la domanda interna, italiana ed europea, è piuttosto bassa.

Le regole europee obbligano alla transizione ecologica e al passaggio all’elettrico. Sono regole frutto dell’ideologia green e vanno cambiate. Tuttavia, non salveremo l’industria dell’auto producendo motori diesel, perché il mondo va da un’altra parte. Il problema non è la transizione green, che è comunque un fatto, ma come la affrontiamo.

Per reggere la competizione servono politiche industriali e tante risorse. Non per darle a Stellantis o alle altre aziende, ma per rendere più competitivo il sistema in ricerca ed innovazione, sfidando Cina e Stati Uniti. Va chiesto all’Europa di varare un piano straordinario per l’automotive, verso una strategia complessiva che recuperi il distacco con i nostri concorrenti, e non strumenti che, nella migliore delle ipotesi, accompagneranno l’agonia.

Il timore è che in Europa, e in Italia, si stia di fatto accettando di rinunciare alla filiera dell’automotive, ma il prezzo lo pagheranno i lavoratori.

Guglielmo BernabeiAvvocato e docente incaricato di diritto pubblico di Unife