Offendere l’onore del presidente della Repubblica o del pontefice può costare molto caro. Anche in sede penale. Lo hanno imparato a loro spese i sei commentatori Facebook finiti sotto inchiesta per alcuni loro post che contenevano ingiurie e auguri di malattia o morte al capo dello Stato Sergio Mattarella e a Papa Francesco. I sei imputati sono così comparsi ieri mattina davanti al gup Alessandra Martinelli per l’udienza preliminare.
Le loro strade processuali si sono immediatamente divise. Quattro di loro hanno deciso di patteggiare, ottenendo pene tra gli otto e i nove mesi di reclusione (con sospensione condizionale). Uno ha invece optato per il rito abbreviato e, al termine della discussione, è stato condannato a dieci mesi di reclusione (pena sospesa). L’ultimo imputato ha infine scelto il rito ordinario e, al termine della discussione dell’udienza preliminare, il giudice ne ha disposto il rinvio a giudizio. Il procedimento approdato ieri davanti al giudice scaturisce da uno dei tanti rivoli della vicenda ‘Pinguini estensi’, balzata all’onore delle cronache per una precedente vicenda giudiziaria relativa a insulti all’avvocato Fabio Anselmo, alla senatrice Ilaria Cucchi e alla madre di quest’ultima, Rita Calore. Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, sono come anticipato offesa all’onore del presidente della Repubblica e offesa all’onore del sommo pontefice (illecito che richiama il concordato tra Italia e Santa sede del 1929).
A seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero Isabella Cavallari, il caso è approdato ieri in udienza preliminare. I post ‘incriminati’ risalgono al periodo che va dalla fine del 2019 all’inizio del 2020. I commenti seguono la condivisione di immagini raffiguranti il presidente della Repubblica e il Papa e comprendono una vasta gamma di insulti, soprattutto in relazione al discorso di fine anno di Mattarella. Non mancano poi messaggi in cui si augurano gravi malattie o addirittura la morte alle massime cariche dello Stato e della Chiesa cattolica. I post in questione sono emersi durante le indagini relative al filone d’inchiesta principale e hanno preso una strada giudiziaria a sé, fino alla conclusione (con stangata) di ieri.