
I carabinieri davanti all’ospedale Mazzolani-Vandini di Argenta
All’omicidio volontario si aggiungono i maltrattamenti su alcune decine di pazienti. Si allarga a nuove pesanti ipotesi di reato l’inchiesta sulle morti sospette all’ospedale di Argenta, un fascicolo che vede indagato un infermiere di 44 anni all’epoca dei fatti in servizio al Mazzolani-Vandini e poi sospeso dall’Ausl. Nei giorni scorsi, la procura ha conferito l’incarico a quattro esperti per eseguire esami tossicologici su una quarantina di pazienti che, tra luglio e ottobre, sono stati assistiti dal sanitario in questione. Il compito dei tecnici scelti dal pubblico ministero Barbara Cavallo è quello di verificare se le persone sottoposte ai test siano state vittima dell’illecito che viene contestato all’infermiere e che, secondo gli inquirenti, potrebbe aver portato alla morte di due pensionati, la 90enne Floriana Veronesi e l’83enne Antonio Rivola.
Nel dettaglio, i tossicologi cercano tracce di un farmaco specifico che potrebbe essere stato somministrato alle potenziali persone offese. Lo stesso che, secondo le accuse, avrebbero assunto i due anziani morti. Per avere certezza in un senso o nell’altro bisognerà però attendere l’esito delle analisi. I tossicologi si sono presi sessanta giorni di tempo per depositare le conclusioni. A intervenire sull’ultimo sviluppo dell’inquietante vicenda è Fausto Sgarbi, referente di Giesse, la società patrocinante che assiste le famiglie dei due anziani deceduti. "Stanno emergendo alcuni elementi che, se confermati, fanno venire i brividi – spiega Sgarbi –. Noi stiamo seguendo il procedimento penale tramite il nostro legale fiduciario, Norberto Quieti, e faremo di tutto affinché emerga la verità su quanto accaduto. I numerosi e scrupolosi accertamenti della procura cercheranno ora di appurare se, oltre alle due morti sospette, ci siano stati anche dei maltrattamenti nei confronti di alcune decine di pazienti della struttura". Una verità che potrà emergere soltanto al termine degli accertamenti tecnici e medico-legali disposti sia sulle salme delle vittime che, ora, sui pazienti ricoverati nel periodo in cui si sarebbero verificate le condotte ipotizzate dalla procura.
Un passo indietro. Prima due funerali bloccati in extremis, poi un blitz dei carabinieri al Mazzolani-Vandini. Sono stati questi due episodi, avvenuti nei mesi scorsi, a sollevare il velo sui fatti inquietanti al centro delle indagini di procura e Arma. Inizialmente il fascicolo era stato aperto per omicidio volontario, ipotesi a cui si sono recentemente aggiunti i maltrattamenti. Tutto comincia il 27 settembre. Era un venerdì e per quel giorno in duomo ad Argenta erano fissati due funerali, uno alla mattina e l’altro al pomeriggio. Ad annullare le esequie (una il giorno precedente, l’altra addirittura mentre il feretro stava per lasciare la camera mortuaria) è stata la procura, attivata su segnalazione della stessa Ausl che aveva ritenuto necessari approfondimenti su quei decessi. Da qui, le salme dei due anziani (Veronesi e Rivola, appunto) sono state messe a disposizione dell’autorità giudiziaria per tutte le verifiche del caso. La lente degli inquirenti si è stretta sul presunto utilizzo improprio di un farmaco ben preciso, che potrebbe essere stato somministrato ai due pazienti con esiti letali.
A smuovere i sospetti dell’azienda sanitaria sarebbe stata una collega dell’indagato, la quale, proprio a seguito dei decessi di Veronesi e Rivola, si sarebbe accorta di qualche strano ammanco tra i farmaci dell’ospedale, episodio subito riferito alla direzione sanitaria e, di getto, agli inquirenti che da quel momento hanno iniziato a lavorare sotto traccia, acquisendo le prime informazioni sui fatti.