REDAZIONE FERRARA

"Uno show che parla di fallimenti". La satira sul teatro di Silvio Orlando

L’attore andrà in scena al Comunale stasera, domani e domenica con il suo spettacolo ’Ciarlatani’. Un’esibizione che approfondisce il tema della crisi nel nostro mondo attraverso i suoi protagonisti.

. L’attore Silvio Orlando foto di Guido Mencari

. L’attore Silvio Orlando foto di Guido Mencari

Una satira sul mondo del teatro e del cinema, ma anche una riflessione collettiva sulla crisi e il fallimento. Arriva a Ferrara lo spettacolo ‘Ciarlatani’, con Silvio Orlando, su un’opera di Pablo Rémon. Appuntamento al Teatro Comunale di Ferrara, questa sera e domani alle ore 20.30 e domenica alle ore 16.

Silvio Orlando, come foto profilo su Whatsapp ha una bellissima poesia di Costantino Kavafis, ‘Per quanto sta in te’.

"Mi identifico moltissimo nel significato: tenersi fuori dallo sgomitare, dall’essere presente a tutti i costi, senza per questo essere inattivo. Si può essere attivi anche senza partecipare all’orgia del presenzialismo, del dire la propria a tutti i costi".

Parliamo di Ciarlatani. Lei ha scoperto l’opera di Pablo Remón a Madrid e l’ha portata in Italia. Ci racconti com’è andata.

"Sono stato attirato dal fatto che Javier Cámara, attore spagnolo, che per ricerca artistica è come un fratello (con cui ho lavorato nella serie di Sorrentino, ‘The Young Pope’), tornava a teatro dopo vent’anni di cinema, spinto dall’opera di Remón. Mi sembrava in linea con quello che facciamo noi in questi anni".

Dello spettacolo, viene molto lodata la sua performance, nei panni di un regista in crisi, e la performance di Blu Yoshimi, nei panni di un’attrice che fatica a trovare il successo.

"Il tema è proprio la crisi. C’è un primo livello di indagine sull’ambiente dello spettacolo, ma poi l’opera ha un senso universale: analizziamo la crisi, il fallimento di due persone diverse, a partire dall’età. Uno ha più di sessant’anni, l’altra meno di trenta. Uno ha il suo posto nel mondo, un successo che però non gli corrisponde, che quasi subisce. La ragazza invece cerca il suo posto nel mondo, con vicende familiari ed esistenziali. La curiosità è capire come escano da queste due crisi: può essere uno specchio di quello che succede nel mondo di oggi, in cui c’è l’obbligo sociale di avere successo. È la peggior condanna: non essere all’altezza di questa aspettativa".

E chi sono i ‘Ciarlatani’?

"Siamo tutti noi, quando neghiamo, non affrontiamo i momenti di crisi, per non attraversare il fallimento".

C’è una matrice pirandelliana?

"Pirandello ha reinventato il teatro nel Novecento. Con i ‘Sei personaggi’ ha smontato il giocattolo, ha mostrato cosa ci sia dietro scenografie e quinte. Quindi, sì, la struttura dello spettacolo rispecchia il ‘teatro nel teatro’, ma cercando di non inseguire una nuova maniera: anche le cose più rivoluzionarie possono diventare di maniera".

Come accade ai pittori manieristi, che succedono a Michelangelo o Raffaello.

"È proprio quello il problema. Quando arrivano i grandi maestri, le generazioni successive sono in difficoltà. L’importante è essere sinceri: l’arte non deve inseguire la verità, ma la sincerità sì. Se ci si sta ispirando ai grandi, bisogna dichiararlo".

Quindi anche lei è un manierista?

"No. Non mi ritengo un manierista, non ho seguito la tecnica. Ho cercato di restringere il campo, partendo esclusivamente dall’osservazione di me, come essere umano. Di capire se dentro di me ci fosse la chiave per esprimere i dolori, i problemi, le inquietudini di tutti. Lo può fare chiunque: non devi avere una vita straordinaria per essere rappresentativo di qualcosa".

Francesco Franchella