REDAZIONE FERRARA

"Vivere oggi a Gaza sotto i bombardamenti. Così tre donne raccontano la loro guerra"

Parla Chiara Nielsen, vicedirettrice di Internazionale e direttrice del festival. Questa mattina il taglio del nastro della 18ª edizione

Parla Chiara Nielsen, vicedirettrice di Internazionale e direttrice del festival. Questa mattina il taglio del nastro della 18ª edizione

Parla Chiara Nielsen, vicedirettrice di Internazionale e direttrice del festival. Questa mattina il taglio del nastro della 18ª edizione

"Nuove prospettive di pace". Il tema scelto per la diciottesima edizione di Internazionale a Ferrara si inserisce nel dibattito quotidiano (a volte, assurdamente, dicotomico) sulle guerre e sulla loro risoluzione. È con una serie di incontri, incentrati proprio su questo, che inaugura oggi il festival giornalistico, il cui programma è disponibile online.

Chiara Nielsen, vicedirettrice di Internazionale e direttrice del festival, il tema della guerra è all’ordine del giorno, sia nel dibattito pubblico sia nel vostro festival.

"Sì, e per ragioni evidenti. Abbiamo tutti visto le pagine dei giornali in quest’ultimo anno. La guerra è stata la notizia dominante, dall’Ucraina a Gaza. Ma non scordiamo tutti gli altri conflitti, che forse sono passati più sotto silenzio: dal Sudan, allo Yemen, a Myanmar. Penso anche alle altre situazioni di grande instabilità e violenza che il mondo conosce, da quelle legate al cambiamento climatico all’affermazione di forze di estrema destra, intolleranti e antidemocratiche, in tante parti del mondo".

Che taglio darete al dibattito sui conflitti?

"Oggi, ad esempio, partiamo con un incontro su Gaza: abbiamo chiamato tre donne a parlarne, perché ci sembrava che un’ottica di genere potesse spostare la visione del conflitto, da una dimensione puramente geopolitica a una di vissuto. Cosa significa per delle donne palestinesi vivere a Gaza sotto le bombe? Più in generale, il nostro tentativo è di affrontare il tema con l’unico strumento che abbiamo: il giornalismo. Un’informazione libera, corretta e indipendente ci sembra l’unica risposta al grande caos del mondo: la consapevolezza di cos’abbiamo davanti, per capire come agire, è l’unico modo in cui possiamo, da giornalisti, promuovere un futuro di pace".

Promuovere la pace: è un sentimento dominante specialmente tra i più giovani, che dovranno vivere nel mondo di domani. I giovani rappresentano una fetta importante del vostro pubblico. Come mai?

"In effetti, in tutti questi anni un dato sorprendente è stata proprio l’alta partecipazione di giovani. Credo che, in questo fenomeno, si intersechino una serie di fattori: il taglio della rivista, che è un’apertura sul mondo, fattuale, informativa, con articoli della stampa straniera, quindi internazionale. Inoltre, anche il fattore ‘comunità’ spiega il successo del festival: significa ritrovarsi fisicamente con chi condivide interessi e ideali, in un mondo in cui spesso le comunità sono soltanto virtuali".

Inoltre, il festival è gratuito.

"È un altro fattore a cui teniamo molto e stiamo cercando di mantenerlo, nonostante le difficoltà crescenti che le manifestazioni culturali riscontrano in questo periodo. Il rischio sarebbe di cambiare pubblico: crediamo, invece, che sia fondamentale avere dei giovani che vengano a sentire il nostro festival".

Francesco Franchella