Franco Severi decapitato, il fratello Daniele: "Sono innocente" Oggi il test in Cassazione

Gli avvocati discutono a Roma il ricorso per la sua scarcerazione. Decisione entro 30 giorni. In cella l’indagato rassicura i famigliari: "La verità verrà a galla"

Forlì, 20 gennaio 2023 – La tappa di oggi è fondamentale. O forse no, ai fini dell’intera vicenda. Ma di certo la libertà di Daniele Severi, 63 anni, meldolese, autista d’ambulanze del 118 in pensione, che dall’8 luglio dell’anno scorso è rinchiuso nel carcere di Forlì con l’accusa di avere ammazzato il fratello Franco, 53enne agricoltore boscaiolo trovato decapitato la sera del 22 giugno 2022 nel casolare di Ca’ Seggio di Civitella dove abitava da solo, transita da questo, strettissimo, passaggio. Ossia la Corte di Cassazione.

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Stamattina a Roma, nella storica sede di piazza Cavour, i giudici ermellini cominceranno a vagliare il ricorso inoltrato dagli avvocati Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti, difensori di Daniele, che chiedono la scarcerazione del loro assistito. Ci riprovano, i due avvocati, dopo essere stati bocciati, il 3 agosto ’22, dal Tribunale del Riesame di Bologna.

Franco Severi, 53 anni, è stato trovato morto, senza testa (mai trovata) la sera del 22 giugno 2022
Franco Severi, 53 anni, è stato trovato morto, senza testa (mai trovata) la sera del 22 giugno 2022

Sarà, più o meno, un’udienza lampo, quella di oggi. Non più d’un quarto d’ora. Come di solito succede in questi casi di fronte alla prima sezione penale della Cassazione. L’avvocato Pompignoli avrà il tempo di esporre, nella sua sostanza più stringente, le motivazioni che hanno spinto il team difensivo a chiedere la liberazione dell’ex autista d’ambulanze, accusato di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere: sì perché la testa di Franco non è mai stata ritrovata, e l’accusa sostiene che Daniele l’abbia gettata da qualche parte anche, e forse soprattutto, per eliminare ogni possibile traccia del delitto.

Una volta terminata l’udienza i togati romani si prenderanno trenta giorni per decidere; entro questo lasso di tempo depositeranno quindi l’ordinanza in cancelleria (potrebbe ovviamente accadere che invece di trenta ne passino quindici o venti di giorni) e si saprà così se Daniele verrà liberato o meno.

«State tranquilli, io c’entro niente, sono innocente e la verità verrà fuori": Daniele, "pacato, sereno" – così viene definito da fonti a lui vicine –, in questi mesi di cella ha lui stesso rassicurato i propri famigliari che ogni sabato gli fanno visita al carcere della Rocca di Forlì. Parole che l’indagato ripete anche ai suoi avvocati. Più che mai convinti della sua innocenza.

Una determinazione che Pompignoli e Corsetti hanno inserito nel loro dossier d’una cinquantina di pagine che sostanziano la richiesta di scarcerazione già da giorni in mano ai giudici di Cassazione. Innanzitutto, sostengono i difensori, gli indizi raccolti dalla procura di Forlì "sono vaghi e inconsistenti".

"Manca un preciso orario della morte di Franco, e questo perché non sono stati eseguiti i dovuti esami necroscopici di ultima generazione", argomentano i legali; "mancano l’arma del delitto e la testa della vittima, fonti primarie di indizi"; "le macchie di sangue trovate su Daniele, che sì, sono di Franco, risultano labili e non databili"; "Daniele aveva dei dissidi coi fratelli, specie con Franco, ma manca del tutto un chiaro movente omicidiario"; "Daniele il giorno prima del ritrovamento del cadavere era a casa sua, e le immagini d’una Fiat Panda simile alla sua sulla strada che porta al casolare di Franco, nelle immagini delle videocamere di sicurezza trovate dai carabinieri, sono sfumate e non probanti".