MARCO BILANCIONI
Cronaca

Irst, in campo de Pascale: "Più università e più Romagna: così i conti torneranno in pari"

Il governatore sull’istituto dei tumori: "Ora è una punta di diamante, ma troppo piccola. Difficoltà oggettive. Dobbiamo passare alla ‘fase due’ invocata anche dal prof Dino Amadori".

Sopra, il presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, a Meldola a febbraio per l’inaugurazione della farmacia oncologica (in alto a destra)

Sopra, il presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, a Meldola a febbraio per l’inaugurazione della farmacia oncologica (in alto a destra)

"Il Carlino ha fatto il proprio mestiere, riportando ciò che ha trovato nei documenti. La situazione dell’Irst presenta difficoltà oggettive, ma lo dico con chiarezza: le cause di questa situazione non vanno attribuite all’Ausl, che ha pagato tutto. Il vero tema, per il futuro dell’istituto, non è finanziario ma strategico. Servono tre riforme, poi anche i conti torneranno in pareggio". Il governatore dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale interviene sulla situazione dell’istituto dei tumori di Meldola (la Regione è socia al 35%) dopo il caso sollevato dal nostro giornale relativo ai conti: un pareggio raggiunto, nel 2023, grazie a entrate "non strutturali" e la previsione di "perdite significative fino al 2026".

Presidente de Pascale, può chiarire la situazione economica?

"Ci sono delle difficoltà oggettive, che in parte conoscevo perché, quando ero sindaco di Ravenna, sono stato presidente della Conferenza socio-sanitaria romagnola, e in parte mi sono state spiegate quando sono stato eletto in Regione. Faccio una premessa su come funzionano i rapporti tra Irst e Ausl".

Cioè?

"Quando un paziente ravennate viene curato, per esempio, dalla Pneumologia a Forlì, nessun problema: siamo un’unica azienda sanitaria. Ma l’Irst non ne fa parte. Per questo è necessario un accordo di fornitura: l’Irst svolge alcune prestazioni per l’Ausl. E il quantitativo va stabilito prima".

Secondo il verbale del bilancio di previsione 2024, però, l’Ausl non ha pagato tutto.

"Lo dico con chiarezza: non è così. L’Ausl versava all’Irst 39 milioni nel 2019, sono diventati 58 nel 2024. Nel 2024 l’accordo è stato rinegoziato".

Il punto non è il numero assoluto ma, sempre secondo l’Irst, la parte mancante, che nel 2023 ammontava a 3,2 milioni.

"Tutte le prestazioni pattuite sono state pagate dall’Ausl, questa non è un’opinione. Ciò che riporta un verbale può essere discusso, poi si approvano i bilanci".

Il presidente dell’Irst Fabrizio Miserocchi ha detto che l’istituto sta crescendo ma questo va reso "sostenibile". In altre parole, bisogna far quadrare i conti senza tagli che penalizzino cura e ricerca. Come?

"Nel mondo della sanità, le cifre di cui parliamo non fanno tremare i polsi. Il vero tema è strategico. L’Irst non va salvata, non stiamo parlando di questo, ma va rilanciata. Ha fatto cose straordinarie ma poi necessita di un salto, una ‘fase due’".

Può spiegare?

"Era ciò che chiedeva con insistenza anche il professor Dino Amadori. Oggi l’Irst è un Irccs, un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, con performance tra le più elevate in rapporto alle dimensioni, ma comunque uno dei più piccoli d’Italia. È la punta di diamante della ricerca in Romagna, ma non la svolge in esclusiva e poi svolge l’assistenza per la sola provincia di Forlì-Cesena".

Amadori guardava alla Romagna.

"Questa è la ‘fase due’ che dobbiamo realizzare. Siamo in ritardo, anche se dal 2020, l’anno della morte di Amadori, c’è stato il Covid che certamente ha allungato i tempi. Ho in mente tre azioni".

Quali?

"L’Università di Bologna era entrata nella compagine sociale già ai tempi di Amadori, ma finora il dialogo è stato troppo poco. Ne ho parlato con il rettore Giovanni Molari e so che è d’accordo con me: serve una nuova sinergia su tutta l’oncoematologia".

Il problema sono le dimensioni ridotte dell’istituto?

"L’Irst deve avere gli stessi vantaggi dell’Ausl Romagna quando tratta con i fornitori: oggi non è così, perché è troppo piccolo. Questa è la seconda riforma: migliorare le economie di scala".

Può fare un esempio?

"Il laboratorio analisi di Pievesestina deve lavorare di più per l’Irst. Senza doppioni".

La sua terza proposta?

"Il riconoscimento dell’Irccs deve andare a tutta la rete oncologica romagnola, con l’Irst come fondamentale capofila. Perché così si farebbe massa critica, trattando più casi. E questo porterebbe anche a maggiori finanziamenti. Il mix di queste tre azioni rilancia l’Irst: tra cinque anni sarà molto più forte di oggi".

Parla del valore scientifico o della sostenibilità economica?

"Di entrambe. Sarà più attrattivo per i professionisti. E agendo in questo modo si arriverà anche all’equilibrio finanziario: così i conti tornano in pareggio".

È una promessa?

"È un impegno".

Sarà necessario rivoluzionare l’Irst e la sua natura giuridica che, lo ricordiamo, è privata?

"Noi dobbiamo conservare l’originalità di un privato sociale generoso e responsabile che deve essere co-protagonista. Poi dobbiamo trovare gli strumenti giuridici più funzionali, da discutere col ministero".

A proposito dell’eredità di Amadori: l’Irst degli inizi centralizzò la degenza a Meldola. Ora questa torna al Pierantoni-Morgagni. Perché?

"I tempi cambiano. Oggi non si può più fare ricerca senza la degenza in un grande ospedale".