Il regolamento comunale contro slot-machine e videolottery resta sotto la lente del Tar. Secondo i giudici del tribunale amministrativo regionale, ai quali si era rivolto un operatore che ha dovuto cessare l’attività di due sale (in quanto entrambe ubicate a meno di 500 metri di distanza dai luoghi sensibili come scuole o chiese individuati in base alla mappatura stilata dal Municipio in attuazione della legge regionale in materia), servono infatti ulteriori chiarimenti su alcuni "punti controversi" della verifica istruttoria portata a termine dal consulente tecnico nominato nei mesi scorsi dal tribunale.
L’obiettivo è chiarire appunto, una volta per tutte, se il regolamento municipale per la ‘Prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito’ abbia o meno un "effetto espulsivo" sulle attività del comparto. In pratica, se non escluda di fatto le macchinette in questione dal territorio comunale. Il consulente tecnico dovrà ora integrare la propria relazione entro il 15 febbraio. Ecco perché la trattazione del caso, che tiene banco ormai dal 2018, è stata rinviata al 29 dello stesso mese.
In particolare, andrà chiarito se hanno ragione i legali del ricorrente, che hanno contestato l’accertamento compiuto, in quanto "nell’andare a calcolare le percentuali di territorio" il consulente tecnico sarebbe incorso in "grossolani errori, prendendo come riferimento non la superficie dell’intero territorio comunale pari a Kmq 204,965 (come richiesto dai quesiti posti dal tribunale) ma altri territori introdotti nella sua esposizione senza alcun apparente motivo in quanto privi di collegamento sia con la normativa di riferimento sia con i quesiti posti dal tribunale".
Ma l’operatore, attraverso i propri legali, contesta anche "presunti errori compiuti" nel calcolo delle aree comunali nelle quali la ricorrente avrebbe potuto delocalizzare le proprie attività operando nel pieno rispetto sia delle normative urbanistiche sia dei limiti distanziometrici dai luoghi sensibili.
Al centro della vicenda c’è infatti sempre la già citata legge regionale del 2013 (quella relativo appunto al cosiddetto ‘distanziometro’) che vieta l’installazione di apparecchi a meno di 500 metri da determinati luoghi sensibili, come scuole o chiese. La società in questione, ma in precedenza anche altri operatori, lamenta infatti, come già accennato, la presenza del cosiddetto ‘effetto espulsivo’, che non permetterebbe la delocalizzazione delle attività all’interno del territorio comunale, a causa della massiccia presenza di luoghi sensibili in città. Quali sono i luoghi sensibili? Gli istituti scolastici di ogni ordine e grado; ma anche luoghi di culto; impianti sportivi; strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario; strutture ricettive per categorie protette; luoghi di aggregazione giovanile e oratori.
L’amministrazione comunale, davanti al Tar, ha replicato sostenendo che "su 15 sale esistenti, quattro possono rimanere aperte, ossia quasi il 30% del totale", il che proverebbe la "proporzionalità della misura". Misura che viene però da tempo contestata dai titolari delle sale scommesse, fautori già di diversi ricorsi davanti ai giudici amministrativi che, almeno per quanto riguarda Imola, sono stati per ora tutti respinti. In attesa di capire quello che succederà a fine febbraio.