La svendita dei beni ecclesiastici

Vorrei tanto sapere che cosa sta spingendo i vertici religiosi e istituzionali modenesi a svendere o a destinare a un uso laico strutture per secoli appartenute a ordini conventuali o monastici. Ho quasi fastidio nel riferirmi ai casi più eclatanti dell'abbazia di San Pietro e del Santuario del Murazzo, e lo stesso disagio lo provo per le chiese di San Carlo e San Paolo in centro storico nonché dell'eterna cenerentola, la chiesa di San Domenico. C'è sete di infinito, di un messaggio dirompente che salva l'uomo dall'omologazione al triste modernismo, eppure questo non viene notato proprio da chi dovrebbe essere il primo e il più bravo a farlo, preferendo questa disamina a uno sterile buonismo e a una demistificazione del sacro che lasciano sbigottiti. In Inghilterra ho visitato monasteri e abbazie ancora popolate da persone consacrate. Certo, per sostenere le spese ci si è dovuti un po' reinventare, e allora ecco le spezierie, le fattorie, la destinazione di parte delle strutture a ricoveri per turisti, l'organizzazione di eventi a pagamento. Dalle nostre parti neanche ci si prova!

Maria Giovanna Morselli