Scandalo casette post terremoto Marche, processo ai vertici ed ex della Protezione civile

Funzionari pubblici e imprenditori: rinviate a giudizio 19 persone e 15 società, c’è anche il presidente del Consorzio Arcale. "Ditte senza certificazioni antimafia, lavori fatti male e in ritardo"

Una sfollata mostra il pavimento marcio di una delle casette (foto Calavita)

Una sfollata mostra il pavimento marcio di una delle casette (foto Calavita)

Ancona, 21 ottobre 2022 - Le ditte scelte non avrebbero avuto le specializzazioni giuste per costruire casette su terreni accidentati, come quelli delle zone terremotate; farle lavorare sarebbe stato addirittura un azzardo, perché quasi tutte sarebbero state sprovviste del certificato antimafia. E ancora: pavimenti, verniciature, impermeabilizzazioni dei moduli, impianti e infissi non sarebbero stati fatti neanche a regola d’arte. Andranno tutti a processo gli accusati per lo scandalo delle Sae, l’inchiesta della pm Irene Bilotta sulle soluzioni abitative d’emergenza per gli sfollati del terremoto. La gup Francesca De Palma, ieri, ha rinviato a giudizio 19 persone e 15 società, le aziende coinvolte nei lavori. Il 9 marzo si aprirà il processo davanti al collegio penale per funzionari pubblici e imprenditori, accusati di concorso in abuso di ufficio, truffa, falso ideologico commesso in atto pubblico e frode nelle pubbliche forniture.

Il rinvio a giudizio è arrivato anche per l’ex capo della Protezione civile delle Marche, David Piccinini, 55 anni, anconetano, che firmava il via libera alle fatture delle ditte per procedere poi ai pagamenti; per Lucia Taffetani, 56 anni, maceratese, direttrice dell’esecuzione per la fornitura e posa in opera delle Sae, e per Stefano Stefoni, 61 anni, di Civitanova, responsabile unico del procedimento e oggi a capo della Protezione civile regionale e impegnato a sbrigare un’altra emergenza, quella dell’alluvione del 15 settembre. I tre erano stati all’epoca scelti dalla Regione per affrontare il dramma del terremoto. Tra gli altri nomi che dovranno affrontare il processo, spicca anche quello di Giorgio Gervasi, 66 anni, palermitano, presidente del Consorzio Arcale, incaricato di realizzare i moduli abitativi per gli sfollati.

Nonna Peppina
Nonna Peppina

Il consorzio era composto da una rete di imprese in c ui rientrano aziende emiliane, toscane e umbre, i relativi titolari e gestori andranno a processo. Stando alle accuse, ci sarebbero stati appalti e subappalti affidati a ditte impegnate nella ricostruzione senza però verificarne i requisiti, come la certificazione antimafia e anche quelle per la previdenza (il Durc), per concorrere negli appalti pubblici (il Soa) e per le opere strutturali speciali. Un controllo che sarebbe spettato proprio ai funzionari regionali. Ma in quel periodo c’era da fare in fretta, le famiglie aspettavano e le casette tardavano a ess ere consegnate.

Le ditte avrebbero lavorato di fantasia con le autocertificazioni, dichiarando di avere i requisiti richiesti. E i lavori sarebbero stati portati avanti oltre i tempi stabiliti. La Procura contesta anche una variante (per le casette di Visso), approvata con dubbie motivazioni, che evitò a una ditta pesarese di pagare le penali. L’inchiesta, portata avanti dalla Procura distrettuale, era partita nel 2017 con un controllo della Guardia di finanza nell’area del cratere. Tra le aziende che andranno a processo, tre sono delle Marche: la Italian Window Distribution & Trading srl della provincia di Pesaro-Urbino, la Costruzioni Giuseppe Montagna srl con sede a Pesaro e la Global Window Services & Logistics srl, sempre della provincia di Pesaro-U rbino.