"Una scimmia ci mostra tutti i nostri limiti"

A Maranello la compagnia Festina Lente Teatro. In scena un testo ispirato a Kafka, recitano attori con fragilità e disagio psichico

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di Chiara Mastria

‘Memoria di scimmia’ parla della difficoltà di accettare regole e compromessi, di vivere nella norma sociale. Della bellezza di guardare con occhi diversi il mondo e, così, ritrovare piccoli spazi di libertà. Lo spettacolo della compagnia Festina Lente Teatro – ispirato a ‘Relazione per un’accademia’ di Kafka e presentato nell’ambito del progetto regionale ‘Teatro e salute mentale’ – sarà in scena stasera alle 21 all’Auditorium Ferrari di Maranello con la regia di Andreina Garella. Sul palco, per raccontare il tentativo di una scimmia addomesticata di imitare l’uomo per riavere la libertà, un gruppo di persone con fragilità e disagio psichico.

Garella, cosa ci svela questa scimmia di cui raccontate la storia?

"È una metafora dell’omologazione dell’essere umano, la difficoltà di non essere accettati per quello che si è, costretti a rinunciare alla propria natura, al proprio se, per seguire i comportamenti convenzionali imposti dalla società".

Quali spazi di libertà potremmo riscoprire se, come prova a fare lei, anche noi imparassimo a guardare con occhi diversi?

"In una società così chiassosa e spesso bugiarda, dove non si ammette la diversità, potremmo dare spazio ad altri modi di essere, ad altri noi, lasciare emergere la fragilità e trasformarla in forza. Liberarci da stereotipi e luoghi comuni, ritrovare empatia, allenarci alla sensibilità e combattere le ingiustizie".

Sul palco un gruppo di persone con fragilità e disagio psichico. Come è stato lavorare con loro?

"Dal 2003 Festina Lente Teatro porta avanti questo progetto in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di Reggio Emilia, io sono nata a Trieste e la mia pratica teatrale è iniziata proprio dentro l’ex ospedale psichiatrico della città, dove Basaglia ha realizzato la più grande rivoluzione sociale. Erano i tempi in cui cadevano muri e si aprivano cancelli, l’ex manicomio diventava così un luogo di innovazione e cambiamento. Per me poi è stato tutto molto naturale, incontrare attori fuori dagli schemi, dare spazio ad altri sguardi e sensibilità. E’ un gruppo di straordinaria umanità, capace di trasformare la fatica del vivere in poesia. Incontrare queste persone ha significato anche ridare nuova vita, nuova linfa al teatro per ritrovarvi la vecchia vocazione di essere, farsi comunità".

A proposito di teatro, qual è la sua forza secondo lei?

"Il teatro ha mille sguardi, ci ricorda che è possibile vivere in altro modo, recuperare lentezza e ascolto, che ci sono altre possibilità di stare al mondo, che possiamo lavorare insieme per creare il cambiamento, inventare e immaginare altri mondi, imporre agli altri di essere rispettati moralmente e culturalmente e modificare i rapporti tra normale e anormale, tra esclusione e inclusione. Ha mille sguardi il teatro, mille soluzioni".