Padova, 5 dicembre 2023 – Uniti dall’amore e dal dolore. Sono apparsi così i Cecchettin – il papà Gino con i due figli Elena e Davide – ai funerali della 22enne uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. “Addio Giulia, amore mio. Grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato”.
È stato accolto da un lungo e significativo abbraccio l’ultimo saluto di Gino Cecchettin alla figlia Giulia, “strappata” all’amore della famiglia dalle coltellate dell’ex fidanzato Filippo Turetta. “Mia figlia Giulia era proprio come l’avete conosciuta: una giovane donna brillante e straordinaria. Era diventata una combattente: si definiva oplita, come gli antichi soldati greci”.
È arrivato al termine dei funerali – officiati dal vescovo di Padova, Claudio Cipolla – il commiato del papà della 22enne morta lo scorso 11 novembre. Dopo il monito dell’omelia di don Claudio ai giovani, “dovete amare di più e meglio rispetto al passato”, è stato Gino Checchettin a parlare, mostrando tutta la forza dell’amore. “Abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai”, ha detto il padre di fronte a migliaia di persone in silenzio.
“Il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”
“Mia figlia Giulia, era allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”.
Come è potuto accadere a Giulia?
“Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne – ha detto papà Gino con parole chiare e forti – vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione”.
“Noi uomini agenti del cambiamento”
“Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere”, ha sottolineando Gino Checchettin afferrando il filo delle parole liberate nell’etere da Elena, la ‘sorella guerriera’ di Giulia. “Parliamo agli altri maschi che conosciamo – ha detto il padre – sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto”.
"Non so pregare, ma so sperare”
“Io non so pregare, ma so sperare. Voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace”, ha detto. "Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto a questa pioggia”.
Un appello ai genitori
“A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro”, ha detto papà Gino.
“Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari – ha ricordato – ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto”.