Il binomio arte e natura è vincente per l’orto botanico urbinate: oltre ad una estate con numeri di ingressi record, il “cuore verde“ del centro cittadino proroga fino a fine settembre la mostra “Imago Terrae“, che ha portato tra le piante le opere dell’artista Giancarlo Lepore. L’orto – e la mostra – sono visitabili a ingresso libero dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 13.
"Questo è un luogo magico – dice il professor Andrea Pompa, prefetto dell’orto – caratterizzato da una bellezza naturale senza tempo ed ha costituito il contesto ideale per le opere leggere e suggestive di Lepore, fatte di carta velina, filo metallico e disegni su garza trasparente. Ne risulta una fusione armoniosa con l’ambiente circostante, creando un’atmosfera di magia e incanto. Nella visione futura della struttura universitaria legata alla biologia vegetale esisterà un dialogo costante con l’arte e le istituzioni urbinati (ISIA, Accademia di Belle Arti, liceo artistico) che accompagneranno le giovani generazioni verso carriere professionali che il mondo del lavoro vuole sempre più trasversali. Ma in generale, la presenza della mostra ha arricchito l’esperienza dei visitatori, un connubio unico tra arte, natura e conoscenza. Di questo ringrazio anche il rettore Calcagnini e il professor Marco Rocchi, direttore del dipartimento competente, perché sono sempre stati sensibili al rilancio di questo luogo".
Un rilancio confermato dai numeri: "Abbiamo avuto – prosegue Pompa – un ottimo incremento di affluenza, con una media di oltre 300 visitatori al giorno e circa 25mila ingressi annuali, confermandoci come uno dei luoghi più visitati della città". La mostra “Imago Terrae“ arriva da lontano: "È parte del progetto Clouds – spiega Giancarlo Lepore, già docente di scultura all’Accademia urbinate – iniziato alcuni anni fa e presentato sotto diverse forme in luoghi come Dakar in Senegal, Teheran in Iran e Hammersbach (Germania). Cresciuto nel tempo, ha creato un ponte tra arte e cultura globale di Paesi e continenti. Sono opere che incarnano leggerezza, precarietà e visionarietà, favorendo contemplazione e riflessione negli spazi naturali. Le opere stesse si trasformano con la luce che varia durante il giorno e con le condizioni atmosferiche. Una tale mutevolezza simboleggia il costante adattamento dell’essere umano e l’imprevedibilità dell’esistenza".
Giovanni Volponi