REDAZIONE PESARO

Trasferimento delle comunità psichiatriche all'Apsella: preoccupazioni e sfide

Il trasferimento alla nuova struttura Civitas all'Apsella solleva preoccupazioni tra utenti e famiglie per l'isolamento e l'adattamento.

Il Centro Civitas all’Apsella, davanti Fabio Miraglia, ad del gruppo che la gestisce

Il Centro Civitas all’Apsella, davanti Fabio Miraglia, ad del gruppo che la gestisce

Conto alla rovescia per il trasferimento all’Apsella, nella nuova struttura Civitas, delle comunità psichiatriche. Tra loro ci sono anche i 15 utenti della Struttura residenziale riabilitativa ora a Muraglia (Srr), il cui cambio di domicilio è previsto per metà gennaio, o inizio febbraio, per consentire la prosecuzione dell’iter per la realizzare il nuovo ospedale.

Una scelta osteggiata dalle famiglie e dagli stessi utenti, che si sono rivolti al giornale. "Tutti gli ospiti della Struttura riabilitativa residenziale – scrive Laura Liquindoli, a nome anche degli altri coinquilini – hanno trovato dei benefici, a livello psichico, ma anche personale, durante il loro percorso in questa struttura, grazie all’aiuto di tutti gli operatori. Infatti, molti di noi hanno svolto o stanno svolgendo il Tirocinio di inclusione sociale (Tis), che ci rende più indipendenti dal punto di vista economico, avendo una retribuzione, ma anche più responsabili, perché non avendo tutti un mezzo di trasporto personale, dobbiamo organizzarci con quelli pubblici. Tutto ciò sarà reso più complicato dalla distanza tra la nuova sede della Srr e i luoghi di lavoro, ma anche dai propri familiari e soprattutto dai Centri di salute mentale (Csm) di riferimento. Alcuni di noi hanno già visto da fuori lo stabilimento dove andremo: struttura nuova ma isolata dal centro abitato e questo non favorisce la socializzazione, importante per il percorso rieducativo della Srr. Sappiamo che solo noi ospiti verremo trasferiti ma non gli operatori. Quindi avremo un’equipe nuova e ciò renderà difficile l’adattamento iniziale, di noi verso i nuovi operatori e viceversa. Questo fatto ci destabilizza, così come il non sapere la data precisa del trasferimento".

Aggiunge Genny Bartolomei, anche lei ospite all’Srr: "Sono una paziente dell’Srr da un anno e mezzo e sono una delle varie persone che frequentano il Tis. Il fine della nostra struttura è rientrare gradualmente nella società, essendo in via Lombroso personalmente ho imparato a prendere il bus e calcolare le varie coincidenze per arrivare al lavoro o in altri luoghi. Ho imparato a prenotare al Cup le visite mediche e ad organizzarmi per andarci anche da sola (a Fano o Urbino). Ho imparato a gestire i miei soldi per le sigarette o a risparmiare sui vari prodotti frequentando più supermercati tra la periferia e il centro per scegliere il più economico... Per dire che la vicinanza alla città è basilare per chi vive in Srr e tenta di riprendersi la propria vita. Il Tis per esempio è una parte davvero importante del percorso, c’è chi come me lo fa da un po’ di tempo e ad esempio lavoriamo al riuso della Gulliver. Ora come farò ad arrivare lì dalla Apsella mantenendo gli orari del contratto? E poi: all’Srr alcuni pazienti più cronici hanno trovato la propria vita qui e per loro doversi spostare è un grosso trauma, tanto che sono molto destabilizzati da queste voci che girano senza sapere cosa aspettarsi. In questo caso dobbiamo usare molto tatto e cercare di non parlarne. Si può spostare una pianta grassa che vive da 5 anni nel suo terreno sassoso in un terreno per sempreverdi? La patologia mentale non dovrebbe essere trattata con tanta superficialità come si sta facendo solo per questione di soldi. La patologia mentale è spesso fragilità, alta sensibilità, intelligenza oltre la media, chi ne soffre soffre dell’avidità di questa società. Stavolta l’avete fatta grossa".

Agli utenti è stato prospettato un temporaneo soggiorno all’Apsella che potrebbe durare da un anno a cinque. "Allora sarebbe stato meglio portarci a Fano – suggeriscono – visto che ci hanno già preannunciato che l’Spdc (la Psichiatria, ndr) sarà accorpata a Fano, e visti anche i problemi generati dalla carenza di psichiatri al Csm". Su questo si lamenta anche una mamma: "Al Csm a Pesaro – denuncia – lavora uno psichiatra e mezzo, che si divide tra Pesaro, Fano e il carcere. Invece a Fano ce ne sono 5. Pesaro è quasi del tutto scoperta. Questa estate il servizio è rimasto scoperto fino alla fine di ottobre, per le urgenze ci dicevano di chiamare direttamente la psichiatria. E’ possibile gestire così un problema delicato come la patologia psichiatrica? Ci dicono che hanno fatto nuove assunzioni, ma allora dove sono, se tutte le volte che chiamiamo ci rispondono ’il medico non c’è’?".