Mamma si lancia dal nono piano, il possibile movente: le cure farmacologiche e i timori del padre

Tragedia a Ravenna. La donna era seguita da una decina d’anni dal centro di salute mentale. In passato era stata sottoposta anche a trattamento sanitario obbligatorio

Ravenna, 9 gennaio 2024 – Quello di Giulia non era un segreto. In famiglia lo sapevano: del resto era almeno da una decina d’anni che la donna era seguita dal centro di salute mentale (cms). Il marito Davide, anche se per via del lavoro in piattaforma era spesso fuori casa, aveva cercato di starle vicino, di smorzare i toni all’occorrenza. E pure il padre Giuseppe - che come lei era ingegnere e che spesso veniva additato dalla figlia di essere troppo invadente -, era evidentemente preoccupato per la sorte della 41enne. Tanto che giusto domenica scorsa, cioè a poche ore dal gesto estremo della donna, l’uomo sarebbe arrivato a insistere perché lei riprendesse le cure come si doveva.

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Giulia Lavatura Truninger, 41 anni, si è gettata da un palazzo con la propria bambina, che è morta
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Giulia, sensibile e fragile, soffre da tempo di preciso disagio: secondo quanto riferito dal genitore agli inquirenti, quando lei si atteneva alla terapia farmacologica, era normale; ma quando decideva di testa sua cosa fare, il padre se ne accorgeva subito perché diventava scontrosa, distante e se la prendeva con lui. Nel 2017 la donna, attraverso una mail, si era rivolta alla questura per lamentare molestie familiari a opera - a suo dire - di parenti che pattugliavano sotto casa sua. Il suo caso, a livello puramente sociale, era arrivato anche a Linea Rosa. In particolare la 41enne aveva fatto riferimento ai comportamenti del padre.

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Gli agenti l’avevano convocata per darle qualche indicazione e ascoltarla. E lei si era presentata assieme al marito. Poi, probabilmente consigliata dal consorte, aveva deciso di non continuare sulla strada della richiesta di un eventuale ammonimento contro il padre. Per certo il genitore stava aiutando la coppia nelle pratiche di un superbonus 110: azione insomma non compatibile con la frattura insanabile di cui la donna ha parlato nel suo ultimo post su Facebook prima di lanciarsi nel vuoto assieme alla piccola Wendy e alla cagnolina. Di fatto non figurano al momento denunce intrafamiliari né provvedimenti del tribunale dei Minorenni di Bologna che avessero coinvolto la bimba defunta; né tantomeno tirava aria di separazione in quell’appartamento di via Dradi. Certo: un po’ di apprensione per le vicende legate al superbonus, ma nulla di più. E allora il movente del gesto è possibile più che mai ricondurlo al disagio personale di cui soffriva la donna. Nel 2014 era stata anche sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio.

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A un certo punto aveva abbandonato la via indicata dal csm per intraprendere quella della psichiatria privata. L’ultima visita, nel novembre scorso, era stata fatta al csm. Ed evidentemente nessuno poteva in quel momento immaginare cosa sarebbe successo. Certo, le indagini della squadra Mobile coordinate dal pm Stargiotti dovranno incamerare altri elementi per arrivare a un quadro definitivo. Come la relazione dal Bufalini sulle analisi del sangue di lei. Ma quello che è accaduto ieri mattina sotto alla pioggerella di inverno resta comunque una tragedia incommensurabile.