
Savelli: "Ostetricia più efficiente grazie alla collaborazione con Forlì"
di Filippo Donati
È Luca Savelli il nuovo direttore dell’unità operativa di Ostetricia e ginecologia di Faenza: cesenate, già al timone anche dell’analogo reparto dell’ospedale di Forlì, è chiamato a mettere in campo una collaborazione a 360 gradi fra le due realtà.
Direttore Savelli, la ginecologia a Faenza è reduce da una traversata del deserto: il peggio è alle spalle?
"L’Ausl Romagna ha voluto rilanciare l’unità operativa optando per un’integrazione dell’equipe con quella di Forlì, favorendo scambi continui fra le due realtà. I medici faentini faranno dei turni a Forlì, e lo stesso accadrà per i forlivesi all’ospedale di Faenza. Sarà fondamentale per aggiornare i protocolli, per gestire un numero di parti e di casi ostetrici maggiore, e dunque per mantenere le competenze in tutte le tecniche necessarie".
Su quanti medici può contare l’unità operativa faentina?
"Su sette medici, al momento, ma siamo in attesa del concorso per poter aumentare l’organico. Nove sarebbe il numero ideale per un reparto come il nostro. Perché sia possibile lavorare al massimo delle potenzialità è stato necessario mettere in campo investimenti non solo sul personale: l’Ausl ha voluto implementare l’offerta ambulatoriale, acquisendo un ecografo di alta fascia, utile in particolare per le diagnosi precoci legate alla gravidanza o ai casi oncologici. Fino a settembre le sedute operatorie erano due, per un totale di 6-8 pazienti operate a settimana. Ora contiamo almeno 3 interventi in più: l’obiettivo è arrivare a 40 al mese, per un totale di poco inferiore ai 500 all’anno, tenendo conto che a Faenza vengono eseguiti tutti gli interventi non oncologici".
La collaborazione tra i reparti di Faenza, Lugo e Ravenna per cui si optò anni fa creò sin dall’inizio molte perplessità: l’impressione è che non sia mai decollata, non è così?
"Era una situazione molto complessa, sia a livello geografico che di personale. La collaborazione tra Faenza e Forlì ha tutte le caratteristiche per essere più fattiva, per portare benefici concreti già nel breve termine".
Ad esempio?
"In primis la possibilità per le donne faentine e delle vallate di partorire in una città molto più vicina rispetto a Ravenna, dove potranno essere assistite dagli stessi medici che le hanno accompagnate nel corso della gravidanza. Mi si lasci poi evidenziare che a Forlì, dopo gli investimenti messi in campo, il numero di parti è tornato ad aumentare per la prima volta dopo anni. Ritengo auspicabile che lo stesso succeda anche a Faenza".
Invertire la rotta non sembra semplice: anni fa Faenza era terrorizzata dall’idea di contare nel suo ospedale meno di 500 parti all’anno: il 2022 si è concluso con meno di 300.
"Sono stati 288, confermo. Il tasso italiano di denatalità, come tutti sappiamo, corre a un livello del 4% in più ogni anno. Eppure non è tutto perduto: il trend può essere invertito. Normalmente è un effetto che si vede circa un anno dopo l’implementazione di nuovi investimenti. Il 2023 darà il suo responso".
A pesare sul crollo verticale faentino fu anche la migrazione verso Ravenna di molte gravidanze giudicate a rischio, non per patologie ma per l’età della partoriente: la tendenza è incontrovertibile?
"A essere cambiata, in fatto di maternità, è soprattutto l’età media alla nascita del primo figlio, spintasi ormai a 35 anni. Per una 40enne effettivamente una gravidanza presenta rischi maggiori. Molti parti continueranno a essere dirottati, ma in un ospedale più vicino".
Il reparto faentino è stato storicamente poco avvezzo al ricorso all’epidurale.
"A Faenza si è sempre tradizionalmente optato per le tecniche non farmacologiche di contenimento del dolore, quali il favorire varie posizioni di travaglio, le pratiche di massaggio, per arrivare ad aromaterapia o musicoterapia. È una tipicità che vogliamo mantenere".
Per anni gli ospedali ravennati sono stati ultimi in regione in quanto a percentuale di aborti farmacologici sul totale delle ivg. La situazione ora qual è?
"Da settembre è cambiata. Anche l’ospedale di Faenza si è allineato con quello di Forlì, storicamente più all’avanguardia sul ricorso alle ivg farmacologiche. A Faenza fino alla nona settimana le interruzioni volontarie di gravidanza vengono regolarmente eseguite tramite pillola abortiva, dunque senza interventi chirurgici. Il che significa che sul totale delle ivg quelle eseguite chirurgicamente sono ormai pochissime".
Un tema spinoso è quello relativo ai medici obiettori, che rifiutano di eseguire interruzioni volontarie di gravidanza o prescrivere la pillola abortiva.
"Pure su questo fronte mi preme rassicurare tutte: a Faenza tre medici su sette si prestano regolarmente ad eseguire le ivg, mentre a Forlì i medici non obiettori sono circa la metà del totale. Abbastanza perché in entrambi i nosocomi si possa dare risposta in tempi brevi a tutte le richieste presentate".