
Una casa sventrata dalla furia dell’acqua in via don Giovanni Verità (foto Tedioli)
L’estate del 2025 potrebbe essere l’ultima della storia per il quartiere di via don Giovanni Verità. I residenti, circa un centinaio, si sono radunati nella serata di lunedì per un confronto all’indomani della bozza del piano per la realizzazione di nuove casse d’espansione presentato dalla Regione. Il comitato cui hanno contestualmente dato vita – che si chiama molto semplicemente ‘Comitato via don Giovanni Verità’ – è unico nel suo genere, in quanto di fatto rappresenta un quartiere destinato molto probabilmente a non esistere più. I residenti sono pressoché tutti d’accordo: "A questo punto preferiamo essere delocalizzati, è tutto vero", confermano a poche ore dalle riunione, in un coro unanime. "L’alternativa è quella di una vita scandita dalle ordinanze di evacuazione, e nessuno di noi può reggere all’infinito", commenta Manuela Succi, farmacista molto nota in città, residente qui dal 1998, in una casa già ristrutturata dopo l’alluvione, come hanno fatto molti suoi vicini. Il futuro del quartiere di via Verità è stato spiegato a chiare lettere dai tecnici della Regione durante la serata organizzata la settimana scorsa all’Arena Borghesi: diventare una cassa d’espansione da dieci ettari oppure convivere non solo con la presenza del Lamone a pochi passi dalle abitazioni, ma anche con una cassa da 27 ettari affacciata proprio sull’altro lato della provinciale modiglianese. "Aree allagate – ha spiegato la Regione – che potrebbero generare ulteriori criticità idrauliche".
I residenti spiegano che "nessuno vuole convivere con un pericolo simile". Le poche voci contrarie levatesi in assemblea avrebbero anch’esse abbracciato l’idea di cominciare una nuova vita altrove, una volte messe davanti all’evidenza dei fatti. Nel quartiere di via Verità si percepisce nettamente come l’ordine di evacuazione non sia un qualcosa che si riduce al solo momento eccezionale: qui è diventato una sorta di opprimente quotidianità, fatta di abitudini modificate irrevocabilmente. "Quando ci si allontana da casa per qualche giorno si portano tutti gli oggetti di valore ai piani di sopra", fa notare Francesca Luppoli. La sua vicina Elvira Montefiori confida addirittura che, benché la cucina sia rimasta al piano terra, "gli attrezzi sono tutti al livello superiore, per evitare vadano perduti un’altra volta". Il popolo di via Verità è variegato: c’è chi vive in quella che da un secolo è la casa di famiglia, come appunto Elvira Montanari, e chi invece ha acquistato solo nel 2021, a un prezzo che oggi legittimamente si vorrebbe vedere riconosciuto quale indennizzo per la delocalizzazione.
"È l’obiettivo per cui ci siamo costituiti in comitato – spiegano i residenti –. Non esiste un valore di mercato per case come le nostre, destinate a essere abbattute. Chiediamo rimborsi in linea con quello che valevano prima del maggio 2023". Fattibile? A dover essere delocalizzato è in fondo un quartiere con appena un centinaio di residenti, ma cosa accadrebbe se nel prossimo futuro la crisi climatica dovesse aggravarsi al punto da dover delocalizzare quartieri con migliaia di abitanti? Comunque vada a finire, via Verità è destinata a fare giurisprudenza.
Filippo Donati