Perché viene Mattarella a Ravenna giovedì: cent'anni dall'assalto squadrista alle Coop

La visita del presidente della Repubblica. Nell’estate del 1922 la sede fu incendiata e parzialmente devastata L’intera Ravenna fu colpita. Scrisse Balbo: "Fu un atto politico per dare agli avversari il senso del terrore"

L’occupazione di Ravenna del settembre 1921

L’occupazione di Ravenna del settembre 1921

Ravenna, 27 luglio 2022 - L’ aveva detto chiaramente l’indiscusso leader del fascismo ravennate, Giuseppe Frignani, che era la Federazione provinciale delle Cooperative "il potente organismo che alimentava" il movimento politico di opposizione al fascismo attraverso il braccio operativo costituito dalle sezioni comuniste e dalle leghe della vecchia Camera del Lavoro. E che quindi la Federazione era l’obiettivo da colpire. Era il 1921 e la Federazione, fondata da Nullo Baldini, annoverava 14mila soci e gestiva oltre settemila ettari di terreno: un’impareggiabile forza di resistenza allo strapotere agrario.

Sta tutto in questo sintetico quadro della potenza economica e politica, prevalentemente socialista (con aggiunte territoriali repubblicane), il movente concreto dell’assalto squadrista alla sede della Federazione, nel palazzo Rasponi, ex gran hotel Byron, la notte fra il 27 ed il 28 luglio 1922. I leader fascisti, in primo luogo Italo Balbo e Dino Grandi, ben sapevano che solo la ‘conquista’ violenta di Ravenna avrebbe costituito il grimaldello politico per il disegno futuro che Mussolini andava delineando: gli storici concordano nell’affermare che proprio l’assalto al palazzo Rasponi (e ai valori sociali che vi erano custoditi) spianò politicamente la strada alla marcia su Roma del 28 ottobre. L’assalto fu messo a segno da manipoli di camicie nere capeggiate da Balbo; all’epoca il palazzo si affacciava su piazza Byron, l’odierna piazza san Francesco, su via Guaccimanni e via di porta Sisi (via Mazzini).

Fu facile per i fascisti entrare: furono le guardie regie (si legge nelle memorie di Nullo Baldini) ad aprire il portone. Baldini era asserragliato nel suo ufficio assieme all’amico fidatissimo Bindo Giacomo Caletti (che poi sarà presidente della Provincia): sapevano che ci sarebbe stato l’assalto, da giorni il clima fra agrari e cooperative sul punto del trasporto dei cereali con i birocciai, era rovente, Baldini era riuscito a strappare un accordo, ma i massimalisti non erano convinti e fecero di tutto per boicottarlo: così quello stesso 28 luglio andò in scena lo sciopero generale, già proclamato dagli oltranzisti, finalizzato "a far scomparire per sempre il fascismo da Ravenna e Forlì" e che l’accordo firmato da Baldini tendeva invece a scongiurare. Al pomeriggio nel Borgo San Biagio le truppe regie e le camice nere aprirono il fuoco contro i manifestanti: morirono nove birocciai, un centinaio restò ferito. Poche ore dopo, ecco l’assalto al palazzo. Come si diceva, Baldini aveva intuito che i fascisti avrebbero approfittato di quanto ai loro occhi era un punto di merito, l’uccisione di inermi lavoratori, per spingere sull’acceleratore e assaltare la Federazione e pur sapeva che nulla avrebbe potuto fare per evitarlo perché da tempo il governo chiudeva gli occhi di fronte alle violenze squadriste iniziate nel 1921 e che nel Ravennate in tre anni condussero all’uccisione di trentatré persone fra socialisti, anarchici, comunisti. Scrisse Baldini: "A mezzanotte sentii squilli di tromba, spari ed esplosioni di bombe incendiarie: il palazzo fu invaso da fumo e fiamme. La porta del mio ufficio fu abbattuta e si presentarono due fascisti di aspetto patibolare che mi puntarono la pistola imponendomi di alzare le mani e di seguirli alla casa del Fascio". Poi sopraggiunse il comandante delle Guardie Regie che aveva l’ordine di condurlo a casa.

Nel frattempo Caletti si era posto in salvo dal retro. Di lì a breve la vecchia ala del palazzo fu invasa dalle fiamme. Intervennero i vigili del fuoco, ma gran parte della documentazione andò distrutta ed è storicizzata la testimonianza di Balbo che vide Nullo Baldini uscire dal palazzo ‘con le mani nei capelli’ per la disperazione. Fortunatamente la parte nuova del palazzo restò indenne e di lì a poche settimane la Federazione poté riaprire gli uffici. Effimera apertura posto che il 15 novembre il regime pose a capo della Federazione un commissario, Pietro Cagnoni, costretto poi a dimettersi per ampie divergenze di vedute con Mussolini. Dicevamo che da tempo erano iniziate in Italia, le violenze fasciste nelle città. Le squadracce di Balbo e Grandi già un anno prima avevano di fatto occupato Ravenna: accadde il 12 settembre 1921 quando, in occasione e con la scusa delle celebrazioni per il sesto centenario della morte di Dante, tremila camicie nere piombarono su Ravenna e davanti alla tomba del Poeta fecero risuonare all’unisono il grido: ‘A Roma!’. E poi iniziarono le violenze per nulla contrastate dalle forze regie: la Camera del Lavoro fu invasa e devastata. Si svolgeranno alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, domani alle 11 al teatro Alighieri, le celebrazioni del centenario dell’assalto squadrista alla sede della Federazione delle Cooperative della provincia di Ravenna ad opera delle squadre guidate da Italo Balbo.