Covid, volontario morto: la polizza non prevedeva rimborso

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All’esordio della pandemia le assicurazioni non prevedevano indennizzi per la morte causa Covid. È quanto emerge dalla drammatica situazione in cui si sono trovati i familiari del santilariese Mirko Menozzi, il volontario della Croce Bianca morto a 57 anni il 21 marzo scorso (foto). Fu tra le prime vittime reggiane del Coronavirus e ora, a un anno di distanza, si scopre che la moglie ha ricevuto solo 300 euro dalla compagnia assicurativa della pubblica assistenza. Si tratta della diaria per i 6 giorni in cui Mirko rimase agonizzante in Rianimazione prima di spirare; come in tutto il resto d’Italia allora le assicurazioni non avevano ancora incluso il virus tra i rischi, cosa che invece oggi fanno. Alcune compagnie, addirittura, regalano l’integrazione della polizza. Non vi è inoltre alcun tipo di ’ristoro’ da parte dell’Inail ai sopravvissuti.

I vertici della ’Bianca’, sgomenti, si stanno interrogando sul come aiutare i Menozzi. La famiglia da mesi deve sostenere le spese per una badante per la madre di Mirko, che lui assisteva. Ma anche l’Inail ’marca visita’: i volontari, in quanto non dipendenti, non ne hanno diritto pur essendo equiparati in tutto ai lavoratori sia per le regole da rispettare sia per la professionalità con cui devono affrontare ogni caso. Una situazione paradossale, dato che i pochi dipendenti delle ’Croci’ (che spesso svolgono mansioni analoghe ai volontari) sono invece coperti dall’Istituto nazionale. La situazione è ancora più assurda se si pensa ai rischi in cui può incappare il personale in prima linea sulle ambulanze.

Il caso di Mirko, proprio a causa della precocità con cui lui contrasse il virus (un periodo di caos e conoscenze scientifiche minime) si sarebbe anche prestato ad ambiguità rispetto alle quali l’assicurazione chiuse i rubinetti: l’uomo – che regolarmente faceva i turni del venerdì sera sulle emergenze – venne ricoverato il lunedì. Quindi non venne accertata con precisione la catena ed il veicolo del contagio, se fosse cioè legato al volontariato anziché alla sua vita lavorativa e familiare.

Francesca Chilloni