Omicidio Hui Zhou, le lacrime del fratello

La testimonianza del fratello della vittima in aula: "Abbiamo praticamente regalato il bar, non riuscivamo più a lavorare lì dentro"

Migration

di Alessandra Codeluppi

Due anni dopo la morte violenta della 24enne Hui Zhou, il dolore è più vivo che mai per i parenti stretti, che si sono ritrovati con la vita stravolta. Ma anche chi era vicino alla famiglia dell’omicida non sa darsi pace per il suo gesto. Chiamati a testimoniare nel processo, il fratello della giovane cinese scomparsa, e pure una donna che conosceva la sorella dell’imputato, non sono riusciti a trattenere le lacrime. Lui, il 36enne marocchino Hicham Boukssid, deve rispondere di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà e futili motivi, per aver accoltellato la giovane cinese, l’8 agosto 2019, nel bar ‘Moulin rouge’ dove lei lavorava, al Foro Boario. All’imputato è stata diagnosticata la seminfermità mentale. "Dopo l’omicidio abbiamo venduto il bar gestito dalla mia famiglia. Anzi: lo abbiamo quasi regalato. I miei genitori non riuscivano più a lavorare lì dentro". Il fratello della vittima, il 29enne Zhou Kai, scoppia a piangere. Poi il fratello ricomincia a rispondere al pm Marco Marano, agli avvocati di parte civile Giulio Cesare Bonazzi e Simona Magnani e al difensore avvocato Pina Di Credico: "Mi impegnai anche a cercare gli acquirenti, perché i miei genitori non uscivano più neppure di casa. Lo abbiamo ceduto a un terzo del prezzo, perché avevamo fretta di venderlo. Poi ci siamo trasferiti a Padova e ora i miei sono in Cina". Il giovane dice che mai la sorella gli aveva parlato di lui. "Hui era splendida e solare - è il suo commosso ricordo -. Amava aiutare le persone in chiesa (del culto evangelico cristiano, ndr) e ai bambini insegnava a cantare. Alla notte mia madre piange ancora..". È stato sentito pure un’amica di Hui che aveva pranzato con lei poco prima della sua morte: pure lei, che la sentiva al telefono quasi ogni giorno, dice che Hui non le aveva mai accennato a Hicham. Parola, poi, a un marocchino 40enne, conoscente da un anno di Hicham e frequentatore del bar, che lo vide entrare nel locale nel giorno dell’omicidio: "Sentimmo le urla della ragazza. Poi vidi Hicham dietro il bancone, con la mano alzata, ma non il coltello. Io scappai, perché temevo potesse accadermi qualcosa. Tempo prima Hicham mi aveva detto di essere innamorato di lei, ma conoscendo la ragazza non ci credevo". E racconta che gli era stato riferito "un litigio di Hicham con due albanesi perché Hui si era fermata a parlare con loro". Infine è stata sentita l’amica della sorella di Hicham, una donna marocchina: "Un anno prima lui mi aveva detto che avrebbe fatto bambini con lei. Ma io credevo scherzasse... Sua sorella mi aveva detto che lui voleva sposarsi con una cinese ricca perché così si sarebbe sistemato". Pure lei piange. "Dopo l’omicidio per un mese e mezzo non ho mangiato. Hicham era bravo: non voglio difenderlo, ha fatto uno sbaglio. Ho pensato che per un attimo lui abbia perso la testa". Finita la deposizione, si è avvicinata a Hicham dicendogli al volo una parola, forse un saluto. Poi è uscita dall’aula, gli occhi colmi di lacrime.