Usura Reggio Emilia: arrestato reggente del clan Grande Aracri

Giuliano Floro Vito, 49 anni, abita a Cadelbosco Sopra: deve scontare 2 anni di cella

Giuliano Floro Vito, 49 anni, residente a Cadelbosco Sopra, è stato arrestato

Giuliano Floro Vito, 49 anni, residente a Cadelbosco Sopra, è stato arrestato

Reggio Emilia, 24 aprile 2021 - Giuliano Floro Vito, 49 anni, nativo di Cutro e residente a Cadelbosco Sopra, è stato arrestato ieri mattina dai carabinieri in esecuzioni di una pena detentiva per il reato di usura, di 2 anni di reclusione e 4.000 euro di multa.

L’esecuzione della pena, emessa dal Tribunale di Cremona, era stata inizialmente sospesa in quanto il legale di Floro Vito aveva avanzato istanza presso il tribunale di Sorveglianza di Brescia per essere ammesso ad una misura alternativa al carcere. Rigettata lo scorso 3 marzo, da qui, l’emissione del provvedimento di revoca della sospensione ed il ripristino dell’ordine di carcerazione.

La vicenda, secondo la ricostruzione della magistratura inquirente, risalirebbe al 2011, quando il proprietario di un bar nel Cremonese, si era rivolto ad un 59enne imprenditore, lui pure di Cutro e residente in provincia di Piacenza, per ottenere un prestito di 15mila euro. L’accordo prevedeva il pagamento, su quella cifra, di interessi pari a 3.200 euro al mese, con un tasso usuraio del 260% su base annua. Non riuscendo ad onorare il primo debito, l’imprenditore cremonese si era fatto prestare altri 10mila euro, ad un ulteriore tasso usuario del 162%. Il barista, al tirar delle somme, in poco più di un anno ha pagato ben 50mila euro di soli interessi sui prestiti. Il denaro consegnato al 59enne cutrese dal barista proveniva, appunto, da un prestito dello stesso Floro Vito. Le indagini, risalenti al 2012, videro finire in manette il 59enne cutrese e Floro Vito denunciato. L'accusa, per entrambi, era quello di concorso in usura.

Floro Vito, definito dal pentito di ‘ndrangheta Antonio Valerio, come uno dei reggenti del clan Grande Aracri, era stato arrestato nelle more dell’inchiesta della Dda di Bologna da cui poi scaturì il maxi processo Aemilia con l’accusa di associazione di stampo mafioso ed estorsione, ma fu rimesso in libertà su decisione del Tribunale del Riesame. Tuttavia, nel 2015, fu raggiunto da un provvedimento di sequestro patrimoniale preventivo della sua abitazione e di altri beni, a seguito di una contestazione della Guardia di Finanza sulla dichiarazione di redditi inesistenti.