Massacrato di botte nell'hotel di Rimini

L’inchiesta sull’assassinio di Antonino Di Dato: aveva un debito di 7.500 euro con uno dei suoi aguzzini. Escluso il regolamento di conti tra clan della camorra

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"Prendiamo questi intanto. Tra due giorni torniamo qui per il resto...". Antonino Di Dato è stato massacrato di botte per un debito di 7.500. Un debito di gioco, forse, oppure di droga (gli inquirenti ancora non si sbilanciano), che il 45enne napoletano, deceduto venerdì dopo nove giorni di agonia per le lesioni riportate, aveva contratto con uno dei 4 che l’hanno picchiato il 3 novembre all’hotel Emanuela a Bellariva.

Omicidio in hotel a Rimini, distrutta l’auto di Ivan il latitante

Da quanto trapela, il raid nell’albergo è stato organizzato dal 45enne bosniaco, l’unico ancora latitante. La squadra mobile della Polizia, che venerdì sera è riuscita a fermare gli altri aggressori, due italiani di 52 e 35 anni (rispettivamente di Taranto e Messina) e un croato di 42, temono sia fuggito all’estero. Per i tre arrestati, accusati di omicidio volontario aggravato, oggi ci sarà l’interrogatorio di garanzia, e domani il pm Paolo Gengarelli affiderà l’incarico per l’autopsia sul corpo di Di Dato.

Un nome noto, quello di Di Dato, che faceva parte di uno dei clan di camorra che operano a Rimini, guidato da Massimo Romaniello. Ma dietro al raid del 3 novembre, secondo gli elementi raccolti dagli investigatori guidati dal vice questore aggiunto Mattia Falso, non ci sarebbe un regolamento di conti in ambienti camorristici. I quattro aggressori sono malviventi di professione, con precedenti per furti, spaccio e altri reati, però non risultano affiliati ad alcun clan. Il movente pare essere quel debito di 7.500, contratto con il bosniaco ora latitante. Dopo il pestaggio, i quattro hanno svuotato il portafoglio di Di Dato, che conteneva 500 euro. "Torneremo per il resto", gli hanno detto mentre era terra agonizzante.

Ma ci sono ancora tanti aspetti da chiarire. Sul pestaggio, prima di tutto. Che è avvenuto tra le 18,30 e le 19, ed è durato una ventina di minuti. La banda non si è fatta scrupoli nel massacrare Di Dato davanti ad altre persone, nella hall dell’hotel. L’hanno preso a calci e pugni, colpito ripetutamente anche con un bastone di trekking di metallo, appartenente a uno dei clienti presenti in albergo. Grazie ai testimoni e alle telecamere, la Polizia è risalita all’identità degli aggressori. Ma perché tanta violenza, se volevano spaventarlo perché pagasse? E ancora: Di Dato è andato da solo in ospedale il 3 novembre, ed è entrato in coma poche ore dopo. L’indagine dovrà chiarire anche questo.