Cattolica, uccise madre e sorella "per amore". Dopo 18 anni si suicida

Massimo Perini si è tolto la vita nell’anniversario della tragedia

Massimo Perini, 67 anni, venne arrestato nel dicembre del 1999 per omicidio (Foto Bove)

Massimo Perini, 67 anni, venne arrestato nel dicembre del 1999 per omicidio (Foto Bove)

Cattolica (Rimini), 27 dicembre 2017 - Uccise sua madre e sua sorella per amore. E nessuno in questi 18 anni ha mai messo in dubbio che Massimo Perini consumò quella mattanza per mettere fine alla sofferenza delle due donne. Il suo dolore invece se l’è trascinato dietro fino alla vigilia di Natale, quando ha deciso di suicidarsi piantandosi un coltello nel petto. Prima di morire ha ammazzato anche il suo gatto, ricorrendo ancora una volta a quella stessa logica che lo aveva portato al delitto: nessuno deve essere lasciato solo.

I due cadaveri vengono trovati il 17 dicembre del ’99, nel piccolo appartamento Pep di via Longo, a Cattolica. Lì dentro, quasi in simbiosi, vivevano Flavia Favarolo Fiorani, 78 anni, ex maestra elementare malata terminale di tumore, e inamovibile nella sua decisione di non fare ricoverare in ospedale la figlia Marisa, 38, con gravi problemi psichiatrici. Due donne, una straziata nel corpo e l’altra nella mente, di cui si occupa il figlio maggiore, Massimo, 49 anni, bagnino di salvataggio che vive tra la casa del Pep e quella di suo padre.

Un tipo strano, dicono di lui, fermo nei suoi ideali anarchici e fissato con la forma fisica, ma che non dà fastidio a nessuno. Le litigate fra i tre sono furiose e passano i muri dei vicini che però non hanno dubbi: "Per quelle due donne avrebbe fatto qualsiasi cosa". Ma gestire insieme Flavia e Marisa lo fa quasi impazzire. Una confinata nel suo letto d’ottone e in preda alle sofferenze, l’altra sprofondata nel buio della follia. Deve dare le medicine all’una e all’altra, confortare la madre nel dolore e contenere la sorella nelle continue esplosioni. C’è di che uscirne matti.

La sera del 16 dicembre Massimo è in preda all’esasperazione, la sorella è scappata per l’ennesima volta e i vicini li sentono litgare di nuovo. Lui fa diverse telefonate, sia alla fidanzata che ai medici: non ce la fa più, qualcuno lo aiuti. Poco dopo mezzanotte, nella palazzina sentono un tonfo tremendo, poi più niente. All’una, il titolare del bar dove Perini è solito andare, lo vede passare con l’auto: "Andava talmente adagio che sembrava in trance". A scoprire i corpi, la mattina dopo, sono la fidanzata e la dottoressa che assiste Flavia. Questa è stata uccisa nel suo letto, a colpi di mazza e punteruolo. Marisa invece è riversa nel soggiorno, avvolta fino al collo in un piumone e nel sangue.

La caccia all’uomo è imponente, ma di lì a poche ore Perini si costituisce. Dopo uno strano viaggio a Roma con l’intenzione di uccidersi, è tornato indietro per affrontare quello che lo aspetta. A quel punto non c’è più granchè da scoprire, è così lampante che quella tragedia è figlia della disperazione e della solitudine. Di questo parla Perini agli inquirenti, e di come ‘dovesse’ farle smettere di soffrire. Durante il processo pronuncia un’unica frase: "Nessuna sa quanto io abbia amato mia madre e mia sorella". Viene condannato a 30 anni in primo grado, 20 in Appello.

La buona condotta era valsa all’uomo la liberta vigilata, e da tempo viveva in un appartamento di via Torconca. Nessuno aveva più sentito parlare di lui, era sempre stato un tipo solitario che viveva delle sue regole. A trovarlo, la mattina della vigilia, è stato un amico che gli portava la spesa. Aveva deciso di ammazzarsi a ridosso dell’"anniversario", con una coltellata nel petto. Prima aveva ucciso il suo gatto, forse convinto che senza di lui non sarebbe sopravvissuto.