Inalca, filiera integrata ed economia circolare

Da trent’anni la politica aziendale prevede autoproduzione di energia, sviluppo di fonti rinnovabili, riciclo e riutilizzo di materiali

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di Marco Principini

Da quasi trent’anni Inalca, società del Gruppo Cremonini, leader europeo nella produzione di carni bovine, porta avanti il suo impegno in favore dell’ambiente, grazie a una politica aziendale che prevede autoproduzione di energia, sviluppo di fonti rinnovabili, riciclo e riutilizzo di materiali. E fornisce così un esempio virtuoso di filiera integrata e di economia circolare.

Inalca ha iniziato il percorso di autoproduzione energetica già a metà degli anni ’90. "Avviammo gli impianti di cogenerazione industriale vista la difficoltà del sistema pubblico a fornire al nostro stabilimento di Castelvetro di Modena l’energia necessaria per il nostro fabbisogno", ricorda Giovanni Sorlini, responsabile Qualità, Sicurezza e Sostenibilità di Inalca.

In modo "quasi pionieristico", Inalca attivò impianti di cogenerazione industriale a metano, che produce al contempo energia termica ed elettrica. "Sulla base di questa esperienza, lunga e complessa – spiega Sorlini – siamo stati tra i primi a utilizzare analoghe tecnologie che usano biogas".

Da metà degli anni Duemila Inalca ha realizzato una rete di impianti di biogas sia agricoli che industriali. "Si usa biogas prodotto dagli scarti: liquami zootecnici e letami per gli impianti agricoli, fanghi di depurazione, scarti solidi della macellazione e stallatici nel caso degli impianti industriali".

Oggi, Inalca genera autonomamente quasi il 100% del proprio fabbisogno completo, di cui il 45% da fonti rinnovabili. E mira a "effettuare una transizione da un modello di economia lineare a un modello di economia circolare", afferma Sorlini.

L’energia deriva da sei impianti di cogenerazione alimentati a gas naturale, due da grassi animali, quattro a biogas ottenuto dalla trasformazione degli scarti agricoli e industriali, oltre che da 18.170 pannelli solari già installati in tutti i suoi stabilimenti e in via di completamento nelle proprie aziende agricole.

Gli imballaggi sono realizzati per il 45% con carta riciclata, il 17% con plastica riciclata e il 72% con alluminio e acciaio riciclati, il 99% dei rifiuti vengono avviati a raccolta differenziata, 7 mila tonnellate all’anno di compost sono prodotte dagli scarti di lavorazione e utilizzate come fertilizzante organico, mentre 92 mila metri cubi di acqua vengono depurati e recuperati ogni anno.

Si tratta di numeri significativi, che permettono di quantificare il contributo di Inalca al cambiamento climatico in una riduzione di CO2 pari a oltre 64mila tonnellate non emesse in atmosfera soltanto nel 2021.

La prossima sfida dell’azienda nel campo delle rinnovabili ("terzo passo in avanti nelle fonti rinnovabili") riguarda il biometano, un combustibile avanzato ottenuto dalla raffinazione del biogas in grado di alimentare le macchine agricole e le flotte aziendali su gomma per il trasporto delle carni.

Inalca conta di autoprodurlo a partire dal 2023. "Stiamo già adeguando e modificando gli attuali impianti di biogas al fine di convertirli in biometano", commenta Sorlini. Proprio in quest’ottica la società del Gruppo Cremonini ha stretto una partnership con la multiutility Hera – primo operatore nazionale nel settore ambiente – per la costituzione di una NewCo, denominata BIORG, con la finalità di generare biometano.

Sulla scia dell’esperienza avviata dal Gruppo Hera nel 2018 a Sant’Agata Bolognese, verrà ristrutturato un sito a Spilamberto, nel modenese. Grazie a un investimento di 28 milioni di euro, l’impianto sarà dotato delle migliori tecnologie disponibili per la trasformazione di rifiuti organici e reflui agroalimentari in biometano 100% rinnovabile e compost. L’obiettivo è una produzione attesa, nel 2024, di 3,7 milioni di metri cubi all’anno.

Innovazione e tecnologia applicata per una sostenibilità a tutto tondo, quindi. Per esempio, afferma Sorlini, "ultimamente abbiamo avviato un impianto a Castelvetro di Modena, nella sede centrale del gruppo, che consente un recupero dei prodotti che si ottengono dalle lavorazioni delle carni, come ossa e grassi".

Questo materiale viene raccolto e trasferito in un impianto di imminente attivazione per ottenere diversi prodotti: "sego alimentare – un grasso raffinato che ha una collocazione sia nell’industria dei dolci sia in quella dei mangimi – proteine e un ulteriore semilavorato, da cui si ricavano le gelatine farmaceutiche che vengono usate, per esempio, come capsule dei medicinali. Nei prossimi mesi avremo i collaudi".

La società di Castelvetro si propone anche come azienda leader del modello di allevamento del Terzo Millennio. "In Italia la terra costa tantissimo, è particolarmente fertile e produce un’agricoltura tra quelle a più alto valore aggiunto al mondo", afferma Sorlini. "Dobbiamo farne un uso più attento possibile".

Per questo serve un alto contenuto tecnologico. Nel caso dei bovini occorre attivare tecniche di agricoltura di precisione e di zootecnia di precisione per ridurre le emissioni. "Intensivo molto spesso viene frainteso come qualcosa che stressa la terra, invece significa estrarre il massimo valore usando le tecnologie più avanzate".

La pianura padana è la terra più fertile d’Europa, "usarla come pascolo sarebbe assurdo. Meglio quindi servirsi di altri territori, collinari, pascolativi. I vitelli per esempio nascono nei pascoli, dove passano il primo anno. Poi, quando sono pronti per un’alimentazione più nutriente vengono trasferiti negli allevamenti al nord. I pascoli sono un po’ la ’nursery’ dei bovini, poi l’animale viene accresciuto dove ci sono le sostanze nutritive per farlo crescere bene, dove la terra è più fertile".