Il futuro del distretto ceramico. Piastrelle, partenza in salita. Tante incognite sui mercati, ma l’eccellenza si reinventa

Superata la pandemia, le nuove crisi mondiali gettano incertezze sulle produzioni. Dalle fiere di inizio anno i primi riscontri sull’andamento del 2024 per il made in Italy.

Il futuro del distretto ceramico. Piastrelle, partenza in salita. Tante incognite sui mercati, ma l’eccellenza si reinventa

Il futuro del distretto ceramico. Piastrelle, partenza in salita. Tante incognite sui mercati, ma l’eccellenza si reinventa

di Stefano Fogliani

MODENA

Il sentiment degli operatori e, più in generale, degli addetti ai lavori lo fornirà l’anno fieristico che, cominciando con il Cevisama (a Valencia, fine febbraio) e proseguendo tra Mosca e Orlando con Mosbuild e Coverings (aprile), dirà se per la ceramica è primavera oppure no. Altro diranno, sempre a primavera, le ‘trimestrali’ cui, incrociandole con quelle dell’anno precedente, le aziende che rappresentano il ‘made in Italy’ della ceramica, chiederanno se davvero, come suggerisce la contingenza, deve ‘passare la nottata’ o si tratta di una crisi più profonda. Dove la nottata è la flessione che nel 2023 ha smorzato i sorrisi dei protagonisti di un settore di eccellenza quale è, da sempre e come tale riconosciuto, quello delle superfici ceramiche che si producono in Italia.

Passato (quasi) indenne dalla pandemia e ‘reinventatosi’ grazie a qualità di prodotto ad oggi ineguagliate dai competitors stranieri e investimenti cospicui che gli hanno permesso di andare sia oltre la crisi logistico/energetica del post-Covid che al conflitto-russo ucraino che ne ha penalizzato gli approvvigionamenti di materie prime. Il conto, tuttavia, è arrivato nel secondo semestre del 2023, combinato ad un calo della domanda mondiale onda lunga della flessione del 2022 (produzione e consumo mondiali in calo, rispettivamente, del 9,7% e del 10,9% rispetto al 2021) che, per un settore che dall’Italia destina all’export quasi l’80% di quanto produce, pesa come piombo.

"L’industria italiana delle piastrelle di ceramica chiude il 2023 con una forte contrazione dei volumi di produzione, vendite ed export", registrava Confindustria Ceramica, giusto un paio di mesi fa, dando conto di una contingenza non brillantissima. "La domanda – si leggeva sui report di fine anno, curati da Prometeia - ha registrato un marcato calo in tutti i continenti".

I mercati che hanno sempre fatto la fortuna del settore (USA, ma anche Germania e Francia) rallentano e i numeri ne traducono l’affanno. "Il preconsuntivo 2023 – scrive ancora Confindustria Ceramica – evidenzia una forte contrazione". I numeri del made in Italy della piastrella? Eccoli: produzione poco sotto i 360 milioni di metri quadrati (erano 448 nel 2022), vendite poco sopra (362 milioni mq, -19,3% rispetto al 2022), derivanti 277 milioni di metri quadrati (-22,1%) esportati e da 85 milioni (-8,7%) assorbiti dal mercato italiano. Contesto, insomma, non particolarmente favorevole per un settore che sconta anche l’aggressività di una concorrenza straniera – in principio furono Spagna e Cina, oggi va tenuta d’occhio l’India – nei confronti dei quali, su prezzi e volumi, per l’Italia non c’è partita.

Il made in Italy punta allora su altro, ovvero innovazione tecnologica, sostenibilità dei processi, qualità e servizio, ma la ‘giusta battaglia’ è in corso e lo scenario globale, anche a livello macroeconomico, suggerisce cautela. "La nostra situazione attuale è fotografata in tutte le sue difficoltà da quattro numeri: i tassi di interesse al livello record che trainano al rialzo tutta la struttura dei tassi delle nostre imprese, le vendite calate del 20%, la produzione ridotta di 90 milioni di metri quadrati e 6mila dipendenti in cassa integrazione", il punto del presidente di Confindustria Giovanni Savorani.

Il settore guarda con favore al Decreto Sicurezza Energetica, che conferma le misure strutturali (finora mai attuate) a favore dei settori energivori quali la gas realese di metano nazionale e la electricy release e non smette di chiedere una radicale riforma del sistema degli ETS "che per come è congegnato ora – ribadisce Savorani - rappresenta una tassa sulle imprese e sul lavoro a favore della speculazione finanziaria". Nel frattempo, dopo le chiusure natalizie – per diverse realtà più ‘lunghe’ del solito, stante la necessità di ‘alleggerire’ i magazzini – le aziende del distretto hanno ricominciato a produrre. In attesa di capire quando, e se, arriva ‘primavera’.