Maratoneta d’alta quota: "Una vita di corsa a 3mila metri di altezza. Così sfido me stesso"

La passione del 44enne Andrea Fuzzi, di mestiere impiegato. L’ultima sua impresa a Courmayeur: "Gara di oltre cinque giorni. Ho completato un percorso di 350 km in 129 ore, dormendo per 13".

Andrea Fuzzi, 44enne riccionese impiegato di Hera: è un maratoneta d’alta quota

Andrea Fuzzi, 44enne riccionese impiegato di Hera: è un maratoneta d’alta quota

È un maratoneta d’alta quota, capace di superare i 3.000 metri di altezza anche con le avverse condizioni meteorologiche e la colonnina del mercurio sotto zero. A sfidare le alture è il 44enne riccionese Andrea Fuzzi, impiegato di Hera. Fisico atletico ed energico, è reduce da un’impresa, la ‘Tor330 - Tor des Géants’ con partenza e ritorno a Courmayeur attraverso un anello di suggestivi sentieri della Val d’Aosta, che in settembre l’ha impegnato giorno e notte per 350 chilometri.

Una vera e propria sfida?

"Si è trattato di una gara di endurance trail, quindi di una corsa in montagna, attraverso 34 comuni e svariati passi di 2000 metri, dei quali tre/quattro oltre i 3000. Ufficialmente i chilometri erano 330, ma io ne ho percorsi 350, da concludere in sei giorni in un tempo limite di 150 ore, che ogni atleta distribuisce in base alla propria situazione e alla propria preparazione".

Si marcia senza dormire?

"La particolarità è proprio questa, il maratoneta infatti decide se dormire o meno. Chiaramente meno si dorme e più si avanza. Io il percorso l’ho completato in 129 ore e 44 minuti, dormendo appena 13 ore in cinque giorni e mezzo. Anche se il vincitore ha concluso il tragitto in 69 ore, sono molto contento, perché il mio obiettivo era solo quello di raggiungere il traguardo".

Un grande sforzo per il fisico.

"Certo, perché durante la gara con questi ritmi subentra la stanchezza fisica e soprattutto mentale, e poi non dormendo non si è più tanto lucidi. Durante il percorso è quindi facile incontrare atleti che dormono dove capita, anche ai lati dei sentieri e nei rifugi con la testa sul tavolo. Siamo partiti di domenica in 1.100, ma il traguardo l’abbiamo tagliato in 530. Io ho terminato la competizione la sera di venerdì, sabato ho dormito tutto il giorno".

Ci sono stati imprevisti?

"Quest’anno la gara è stata particolarmente dura per le condizioni meteorologiche. Partiti con pioggia e freddo, abbiamo incontrato anche la neve. Una notte, mentre stavo per raggiungere i 2.400 metri d’altezza, mi sono trovato in piena bufera. Non mi era mai successo. Considerato che da quell’altezza in su lo sforzo fisico si fa sentire e che chi vive al mare come me non è abituato a queste condizioni meteo, a un certo punto ho detto: ma chi me l’ha fatta fare! Però, nonostante la gara provante, sono andato avanti perché regala sensazioni davvero stupende".

Per esempio?

"È uno spettacolo vedere albe e tramonti, anche la stessa notte, ha una dimensione poetica molto forte, perché si vede tutto il cielo stellato, in lontananza le luci del paese, si percepiscono gli animali e a volte s’intravvedono i loro occhi. Nell’ultimo caso si poteva vedere tutto il massiccio del Gran Paradiso, i laghi alpini, il tutto nella più completa solitudine, perché dopo l’inizio della gara il gruppo si dirada ed è all’ordine del giorno trovarsi soli per lunghi tratti nel cuore delle Alpi, perché i rifugi sono ogni 7/8 chilometri e le basi vita ogni 50/55 chilometri".

Ha partecipato ad altre competizioni?

"Ho fatto altre gare ad alta quota, all’inizio di 40/50 chilometri, poi di 160 e oltre, finché mi sono lanciato in quest’ultima, anche se mi incuteva un po’ di timore. D’altra parte si sa, l’appetito vien mangiando".

Nives Concolino