{{IMG_SX}}Bologna, 21 settembre 2007 - "Chi scrive, e che da più di trent’anni si occcupa di eventi colposi, non ha memoria, nemmeno tra i casi studiati accademicamente, di fatti del genere dove segnali premonitori e inequivocabili siano stati del tutto ignorati nella più completa inqualificabile imperizia, negligenza e imprudenza". Così l’ingegnere Massimo Maria Bardazza (esperto di impiantistica ed esplosivi di Milano), incaricato dalla Procura insieme al geologo Maurizio Pellegrino (ordinario di geologia applicata all’università di Modena) di far luce su cause e responsabilità dello scoppio nel quale il 23 dicembre scorso, a San Benedetto del Querceto, morirono cinque persone, ha concluso la sua perizia.

 

Quaranta pagine, quelle depositate in Procura (che ora sono state messe al vaglio dei consulenti dei 24 indagati per apportarvi, nel caso, controdeduzioni o integrazioni) che tuonano come un vero e proprio atto d’accusa nei confronti di Hera e delle aziende che nel tempo l’hanno preceduta nella distribuzione del gas come Seabo e Acoser. Sì, perché specifica in più passaggi l’ingegner Bardazza, quella tragedia "era del tutto prevedibile e quindi prevenibile". "Nell’occasione di ben due episodi premonitori — spiega ancora — di eccezionale gravità e per un caso fortunatissimo senza vittime (le rotture della condotta avvenute nello stesso tratto nel ’99 e nel 2000 ndr) i dirigenti e i funzionari Hera non hanno preso alcun sostanziale provvedimento per porre rimedio a errori progettuali (...) né per accertare, eliminare e/o tenere sotto controllo difetti dell’opera che erano immaginabili e facilmente accertabili soprattutto dopo il fatto del 2000". Due episodi, quelli del ’99 e del 2000 che "furono completamente ignorati dalla struttura tecnica di Hera per incompetenza e negligenza".

 

Poi l’ingegnere ‘affonda’ il coltello: "Nel 2000 — dice — qualsiasi buon tecnico con un minimo di competenza avrebbe potuto predire una nuova rottura esattamente in quella posizione". Così evidentemente non è stato, e il 23 dicembre 2006 l’ennesima rottura della condotta si è trasformata in tragedia. Ma c’è di più perché se le relazioni del consulente impiantistico e del geologo attribuiscono specifiche responsabilità alla struttura tecnica di Hera, sotto accusa vengono messi anche gli interventi d’urgenza. Perché "se è vero — scrive Bardazza — che la situazione si è aggravata intervenendo maldestramente, dopo le rotture del ’99 e del 2000, sulle saldature con ‘tecniche da fabbro’ e interrompendo la continuità della protezione della condotta....è del tutto evidente anche la mancanza di procedure e la mancanza di professionalità (e serietà) del personale quella mattina addetto al call center".

 

E qui i periti non risparmiano di elencare le drammatiche telefonate dei residenti della zona. Un’estenuante richiesta di aiuto praticamente ‘rimbalzata a vuoto’ per ben tre ore e dieci minuti al centralino di Hera e alla quale partecipò anche Enzo Menetti rimasto poi ucciso nell’esplosione. "Sin dalla prima telefonata veniva riferito in modo esemplare cosa stava accadendo...Occorreva non limitarsi a inviare la squadra di pronto intervento che non ha competenza sulla media pressione, non ha le planimetrie e non ha le attrezzature, ma allertare subito la squadra delle Gestione Reti che partendo da Bologna (36 chilometri che si percorrono in circa 45 minuti) sarebbe arrivata sul posto con le planimetrie per poter individuare le valvole e con le attrezzature provvedendo da subito a sezionare la condotta evitando così la dispersione nell’aria e soprattutto nel terreno del metano".

 

"Ma ancora alle 9,22 gli operatori tecnici si trastullavano al telefono canticchiando tra frizzi e lazzi. L’intervento della squadra degli impiantisti con planimetrie e attrezzature dopo l’esplosione e dopo quattro ore dalla prima chiamata è circostanza scandalosa. Il personale addetto al call center tecnico di Hera si è comportato in modo becero non comprendendo la gravità della situazione, persino dileggiando il povero signor Menetti che poi perderà la vita nell’esplosione". Addetti del call center per i quali l’ingegner Bardazza non risparmia espressioni forti: "Non hanno tempestivamente inviato la squadra Gestione Reti — scrive a pagina 38 — non hanno avvisato il responsabile e il funzionario di reperibilità, né i vigili del fuoco, ma hanno trovato il tempo per ‘cazzeggiare’". Mentre fuori dai loro uffici, pochi minuti dopo, l’esplosione avrebbe trasformato San Benedetto del Querceto, nel tragico teatro di una vera e propria strage.

 

"Hera era da tempo dotata di procedure di lavoro formalizzate e certificate già all’epoca dell’esplosione". E’ la risposta arrivata da Hera. "In relazione al deposito dell’elaborato redatto dai consulenti del pm, la società non ritiene di formulare valutazioni, affidando tale compito ai propri consulenti che, in seguito al provvedimento del pm, potranno esprimere le loro deduzioni fino al 31 ottobre 2007". "Gli ulteriori accertamenti tecnici, in contraddittorio, potranno individuare le scansioni temporali della vicenda — conclude Hera — anche in relazione alle evoluzioni societarie (Acoser-Seabo-Hera)".