Ancona, 15 giugno 2011 – Altre grane per la Fincantieri. Non bastassero la vertenza sindacale e la penuria di commesse, è giunta la sentenza della Corte d'Appello di Ancona, che obbliga l'azienda a risarcire 168mila euro alla moglie e 93mila a ciascuno dei due figli di un operaio morto nel 2002. Aveva 60 anni. Tra il 1967 e il 1994 era stato un elettricista addetto agli impianti interni delle navi.

Oltre “all’assenza di dimostrazione dell’idoneità tecnica delle maschere messe a disposizione di dipendenti impegnati nelle lavorazioni all’interno delle navi, è provata l’assenza di vigilanza del datore di lavoro circa l’effettivo uso di tali mezzi”. Adelio Re è deceduto a causa di un tumore ai polmoni dovuto all'esposizione alle polveri di amianto. Ora alla sua famiglia, assistita dagli avvocati Sergio e Luca Bartolini, spetteranno oltre 400mila euro, al netto degli interessi maturati negli ultimi 9 anni.

Per quanto riguarda la responsabilità del datore di lavoro, secondo i giudici di secondo grado, che hanno ribaltato il verdetto del tribunale, “non rileva la questione circa la conoscibilità della pericolosità delle polveri di amianto, posto che nella specie non si pone un problema di esigibilità”: “L’eventuale incertezza scientifica circa gli effetti dell’amianto, non permetterebbe certo di escludere che l’evento letale debba considerarsi realizzazione del rischio in considerazione del quale la norma di prevenzione è posta”.

Ciò, “atteso che la stessa è chiaramente ispirata a un’esigenza cautelare che nella specie sarebbe stata obiettivamente funzionale”. Non rileva neanche, secondo i giudici, “a fronte della mancata utilizzazione delle cautele obbligatorie, l’eccezione che l’attività che comportasse esposizione a polveri d’amianto fosse all’epoca consentita, appunto con le cautele omesse”. Le mascherine da amianto furono introdotte solo nel secondo semestre del 1987.