Bologna, confiscati beni e società al clan Mallardo

Il ‘tesoro’ sequestrato dai finanzieri comprende 11 società, con sede nella provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna

Militari della guardia di finanza  (foto di repertorio)

Militari della guardia di finanza (foto di repertorio)

Bologna, 2 maggio 2017 - Beni mobili, immobili ed aziende, per un valore complessivo di oltre 38,1 milioni di euro, sono stati confiscati dai finanzieri del Comando provinciale di Roma ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, ritenuti interni al clan camorristo Mallardo, e a Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell’Aquila, per conto del quale “avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio”.

Il ‘tesoro’ confiscato nell’ambito dell’operazione “Bad Brothers” comprende 11 società, con sede nella provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna (tre operanti nel settore delle costruzioni di edifici, una nel commercio di porcellana, due nel commercio di autoveicoli, due nel settore dell’intermediazione immobiliare e tre in quello alberghiero e della ristorazione); quote di altre due società, con sede nella provincia di Napoli e Bologna, nel settore della costruzione di edifici; 68 unità immobiliari (nella provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna); 19 tra auto e moto; 15 rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni. 

La confisca, sancita in secondo grado dalla Corte di Appello, costituisce l’ultimo capitolo, salvo ricorsi in Cassazione - in alcuni casi gia’ proposti - di un percorso giudiziario che ha visto il Tribunale di Latina disporre, nel giugno 2013, il sequestro di prevenzione e, nel giugno 2014, la confisca di primo grado dei beni in questione, ritenendo fondato il quadro accusatorio formulato dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, sulla base delle prove acquisite dal Gico (Gruppo investigazione criminalita’ organizzata) del Nucleo Polizia tributaria della capitale.

Le complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate cinque anni fa , hanno consentito di accertare “la costante ed inarrestabile ascesa”, nelle province di Latina e Napoli ed in parte in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila, noti imprenditori campani, “attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan Mallardo”. In particolare, secondo gli investigatori “la feroce operatività criminale del clan e’ stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo - realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive - delle attivita’ economiche di rilievo (attivita’ edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso)”.

In tal senso, viene ritenuta “emblematica” la definizione accademica dell’”impresa camorrista”, resa da un noto pentito di camorra rispetto al modo di fare impresa del clan: non impone il pizzo, gli esponenti di rilievo di tale organizzazione camorristica entrano “di fatto” in società con gli imprenditori, di modo che questi ultimi diano una parvenza di liceità all’attività economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni, riuscendo, contestualmente, a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività delittuose. A Domenico, Giovanni e Vittorio Emanuele Dell’Aquila è stata confermata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza (con la riduzione della durata da 5 ad 1 anno in favore del solo Vittorio Emanuele.

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