Eredità Faac, nuova guerra tra i parenti

La cugina del defunto patron denuncia irregolarità nel testamento di uno zio. Indagati due avvocati, in ballo ci sono 8 milioni di euro

Mariangela Manini, cugina dell’ex patron della Faac

Mariangela Manini, cugina dell’ex patron della Faac

Bologna, 15 dicembre 2016b - La telenovela Faac non finisce mai. Risorge come una fenice ogni volta che sembra arrivare alla conclusione. Dopo l’inchiesta della Procura e il relativo processo, gli interventi di prelati del Vaticano e avvocati di grido, la battaglia giudiziaria a suon di testamenti olografi culminata con l’accordo milionario fra Curia e parenti, la saga sembrava terminata con l’happy end. Invece ecco un nuovo colpo di scena.

Mariangela Manini, cugina dell’ex patron della multinazionale dei cancelli, Michelangelo Manini, nei mesi scorsi ha presentato una denuncia su presunte irregolarità nel testamento di uno dei beneficiari del maxi-accordo, Giuseppe Rimondi, morto qualche tempo fa lasciando tutto, cioè circa 8 milioni di euro, alla compagna di una vita. La Procura ha perciò aperto un’inchiesta che ipotizza il reato di falso e che al momento vede indagati due avvocati.

A questo punto un piccolo riassunto delle puntate precedenti è d’obbligo. Michelangelo muore nel 2012, senza moglie né figli. Lascia tutto all’Arcidiocesi, con tre testamenti olografi subito impugnati da zii e nipoti rimasti a bocca asciutta. Secondo loro gli scritti sono falsi. Inizia una causa infinita davanti al giudice civile, che nel dubbio sequestra il patrimonio, Faac compresa. Poi spunta un dentista modenese con un altro testamento, che risulterà poi falso (è stato condannato a un anno e sei mesi in primo grado). La Procura indaga varie persone, fra cui alcuni avvocati che avrebbero fatto pressioni sulla Curia, poi però chiede l’archiviazione. Nel frattempo finiscono indagati il presidente della Faac, l’avvocato Andrea Moschetti, e l’economo della Curia Gianluigi Nuvoli, per simulazione di reato. Il processo, che fa un enorme scalpore, si conclude con una doppia assoluzione.

A giugno 2014 quella che sembrava la conclusione: la Curia e i sette parenti di Manini firmano l’accordo per ritirare la causa. Sono 60 milioni da dividere fra gli zii, che l’Arcidiocesi pagherà a rate (l’ultima tranche dovrebbe arrivare a breve). Tutti felici e contenti? No. Ora, ecco la nuova, clamorosa sorpresa.

Dopo la morte di uno degli zii, Giuseppe Rimondi appunto, Mariangela ha presentato denuncia sostenendo che il testamento fu redatto quando lo zio non era più in grado di intendere e volere. Dunque, gli 8 milioni non dovrebbero andare alla compagna (mai sposata), ma gli altri parenti, lei compresa. La Guardia di finanza ha sequestrato originale del testamento, pubblicato da un notaio, e il pm Antonello Gustapane ha conferito una perizia. Già nell’inchiesta precedente, però, i periti si erano espressi su Rimondi, sostenendo che era lucido. Nel frattempo, sono finiti indagati i due avvocati che avevano assistito l’anziano zio in tutta la vicenda Faac. Mai vista un’eredità tanto agognata. La saga continua.

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