Bologna, trent’anni fa il doppio oro olimpico di Tomba la Bomba

Il 25 febbraio 1988 Alberto Tomba vince gli slalom gigante e speciale alle olimpiadi invernali di Calgary, in Canada

Alberto Tomba esulta dopo avere vinto l’oro nello slalom gigante di Calgary (AFP)

Alberto Tomba esulta dopo avere vinto l’oro nello slalom gigante di Calgary (AFP)

Bologna, 25 febbraio 2018 - Trent’anni dopo il sorriso dell’uomo che «fermò» il festival di Sanremo non è cambiato. Il 25 febbraio 1988 un giovane di 21 anni chiamato Alberto Tomba, cambiò radicalmente il mondo dello sci. Facendo diventare scarponi e sciolina, slalom e gigante argomenti di discussione al bar come al cinema, al teatro come allo stadio. Tutti pazzi per Alberto la Bomba e quell’incredibile doppietta olimpica a Calgary, in Canada, nello stato dell’Alberta. «Con un nome simile – racconta Alberto Tomba – non poteva non andare che bene. E pensare che ero partito da Bologna dicendo che se avessi vinto una medaglia mi sarei ritirato. Ne vinsi due, fui costretto a continuare».

Scherza alberto come giocava, con i numeri trent’anni fa. Con quel suo modo di fare espansivo. «In gigante – ricorda – avevo il pettorale numero uno, non potevo che vincere. Nello slalom l’11, uno più uno. La doppietta era scontata». E dire che l’esperienza olimpica non era cominciata bene. Come solo i grandi sanno fare, però, Tomba reagì da par suo, alle prime critiche. «In SuperGigante – insiste – nonostante il percorso fosse stato tracciato dal mio allenatore, Tino Pietrogiovanna, non andò bene. Mi sarebbe dispiaciuto per i miei tifosi. Alcuni avevano fatto più di 10mila chilometri per raggiungere quella cittadina canadese».

Alberto il generoso, l’esplosivo Tomba, li ringraziò con la doppietta olimpica, tenendo un paese intero con il fiato sospeso. Interrompendo il festival di Sanremo e inchiodando davanti alla tivù milioni di italiani. Chissà quanti follower avrebbe oggi, Alberto, se quelle manche fossero state confezionate in epoca social. «Cristiano Ronaldo – commenta – ne ha 200 milioni. Forse 40-50 li avrei messi insieme pure io. Mi tornano in mente i tifosi che risalivano la via Emilia, per venire a vedere dove abitavo. Quasi in processione, per un autografo, una foto».

La grandezza di Alberto è stata anche quella di non dire mai no. «Quando giro per il mondo mi riconoscono ancora. Tomba la Bomba. Mi piace. La privacy alle volte viene un po’ calpestata. Tiro un sospiro e poi riparto. Me lo aveva detto mio padre. Adesso non sarà facile dire no, cene, premiazioni, eventi. Avrei avuto bisogno di almeno quattro o cinque cloni. O di un Tomba per ogni paese...».

Alberto non si è mai negato. Continuando a vincere, con il suo talento, la sua capacità di sdrammatizzare. La voglia di stupire un paese che, improvvisamente, si scopriva appassionato di sci come ai tempi della valanga azzurra e di quel Gustavo Thoeni che sarebbe poi diventato allenatore personale di Alberto. «Con Gustavo non c’era bisogno di tante parole. Bastava un attimo per capirsi. Senza essere dei professori». Bastava un po’ di buon senso. Alberto resta un mito, il campione che ha regalato all’Italia grandi soddisfazioni. E che in questi giorni, a trent’anni dalla sua doppia impresa, si è entusiasmato per Sofia Goggia. «Si invecchia», dice Alberto che sugli sci, quando si parla di beneficenza – è stato invitato a Sarajevo, per un evento – non si tira mai indietro. Felice di quello che ha fatto, Alberto. Con un solo rimpianto. «Magari avrei potuto sperimentare discipline diverse. Non il fondo, dove bisogna pesare 50 chili e noi slalomisti passiamo gli 80. Ma lo ski cross o il bob, con le mie fibre muscolari…». Si concede un’ultima battuta, Alberto. «Oltre al fondo non avrei potuto fare il curling. Sono sempre stato più affascinato dall’azione».

DI ALESSANDRO GALLO

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