Rimini, 3 agosto 2011 - UN APPUNTATO dei carabinieri arrestato con l’accusa di rapina e spaccio di coca. Massimo Pecorari, 46 anni, è stato arrestato ieri mattina all’alba dai suoi stessi colleghi della Compagnia di Riccione, dove presta servizio al Reparto Radiomobile. Accuse gravissime, ma quel che è peggio è che secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, i complici di Pecorari sarebbero legati alla criminalità organizzata. Primo fra tutti, quel Giovanni Lentini indicato come il braccio destro di Saverio Masellis il ‘signore delle bische’, bersaglio dell’agguato in Viale Ceccarini che per poco non gli costò la pelle. Lentini è stato raggiunto dall’ordinanza in carcere, dove si trova da anni, per fatti legati al gioco d’azzardo con l’aggravante del contesto mafioso. In manette è finito un terzo personaggio, anche questo già noto alle cronache giudiziarie, Francesco Greco, un tarantino di 64 anni, difeso dagli avvocati Cesare Brancaleoni e Piero Ippoliti, coinvolto in un giro di usura e scarcerato solo poco tempo fa. Per gli investigatori, Lentini e Greco sarebbero stati gli ideatori e gli organizzatori di una rapina messa a segno ai danni un riciclatore delle cosche calabresi. Per farlo, organizzarono una messinscena in cui era indispensabile la presenza di un carabiniere vero. Pecorari, appunto, che a quanto sembra conoscevano fin troppo bene, e che accettò.
 

SENSIBILE al fascino di cocaina, belle donne e anabolizzanti. Così descrivono l’appuntato, da mesi sospeso dal servizio per una condanna a due anni e passa nell’inchiesta sul doping di Perugia. Una divisa dalle frequentazioni pericolose, e tra queste, oltre a Greco e a Lentini, Pecorari contava anche la persona che si trasformerà poi nel pentito che lo inchioderà. Una figura sfuggente, quest’ultima, legata sia alla mafia siciliana che a quella calabrese. Uno che conosceva tutti, senza però arrivare mai a contare troppo. Ed è lui che si presenta in Procura sostenendo che vuole cambiare vita, e che ha delle cose da raccontare. Una vera ‘bomba’. Nel 2004, dice, hanno rapinato un ‘riciclatore’ calabrese, e al colpo ha partecipato anche l’amico Pecorari. Il personaggio è da prendere con le pinze, ma gli inquirenti vanno ad approfondire, cercando altri testimoni.

Primo fra tutti, la vittima della rapina che ora vive all’estero. Il quale conferma. Solo dopo, dice, si era reso conto di essere caduto in una trappola organizzata da Greco e da Lentini. I calabresi che gestivano le bische, racconta, gli avevano proposto di ripulire 250mila euro con 200mila suoi che aveva depositati in una banca di San Marino. Aveva accettato, ma il giorno in cui aveva portato giù i soldi, scortato dai due presunti amici, erano stati fermati da un posto di blocco di carabinieri in borghese. Che altri non erano che Pecorari (poi riconosciuto in una foto), e altri due, incluso il futuro pentito. I quattrini erano sull’auto di Greco, il quale era stato portato via dai militari, sparendo nel nulla. Era tutta una commedia, ma erano soldi sporchi e lui non poteva denunciare la rapina. Un ‘delitto’ perfetto che aveva messo gli autori in una botte di ferro. Che significato avesse quello ‘scherzo’, ancora non lo sanno. Lentini è il personaggio che è, e dietro a lui c’è sempre stato Masellis. Quel che è strano, è che erano tutti calabresi. Forse se ne saprà di più giovedì, quando verranno interrogati. Intanto, Pecorari, assistito dall’avvocato Carlo Benini, è rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, ma come gli altri, per ora non può comunicare nemmeno con i difensori.