Ferrara, caccia a Igor. Aperta inchiesta sulle comunicazioni

Esposto della famiglia Verri, la morte del volontario si poteva evitare

Igor-Norbert

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Ferrara, 11 giugno 2017 - La morte di Valerio Verri si poteva evitare se fossero state assunte tutte le cautele, come chiede la famiglia di Valerio Verri, guardia volontaria uccisa l’8 aprile da Norbert Feher? La risposta arriverà presto dalla procura che, nei giorni scorsi, ha aperto un’inchiesta per atti relativi. Un fascicolo conoscitivo, senza titoli di reato nè indagati, come atto dovuto dopo l’esposto depositato dall’avvocato Fabio Anselmo. E su volontà del pm Ciro Alberto Savino, i primi passi da via Mentessi sono già stati mossi.

Esposto. Il ‘cuore’ del documento dei Verri è ormai noto: perché, si chiedono i figli Francesca ed Emanuele, la decisione di sospendere i pattugliamenti dei volontari nelle zone boschive, arrivò solamente il 9 aprile, un giorno dopo la morte di loro padre e otto dall’assassinio di Davide Fabbri a Riccardina di Budrio? Nelle pagine si citano presunte «mancanze», «omissioni», «responsabilità». Perché chi doveva informare preventivamente, «tra gli organi di pubblica sicurezza», non l’avrebbe fatto. «Era prevedibile che la zona rossa fosse rifugio di Igor» e «pretendibile che fosse interdetta dall’azione dei volontari». Si chiede, inoltre, «in capo a chi gravava l’obbligo di sospendere il servizio dei volontari»; se il «comandante provinciale dell’Arma e i comandanti locali hanno tempestivamente informato questore e prefetto dopo la rapina al vigilante di Consandolo (30 marzo) e l’omicidio di Budrio». E «le altre forze di polizia, compresa la Provinciale». Fatti che, in un’informativa del 2 aprile al pm Marco Forte firmata da un maggiore dei carabinieri di Bologna, venivano definiti «pressoché sovrapponibili» perché le «analogie sono assolutamente significative». E le indagini avevano «subito avanzato sospetti in direzione di Igor Vaclavic, ex militare dell’Unione Sovietica». Un pericoloso «ricercato» che poteva uccidere ancora visto il «concreto pericolo di reiterazione». 

Telex. Dai dubbi dell’esposto, al lavoro della procura che, con tanto di missiva, la settimana scorsa ha chiesto delucidazioni a prefettura e questura. Meglio: conoscere modalità e tempistiche con le quali, tra il 29-30 marzo e l’8 aprile, l’Arma ha informato il rappresentante del governo territoriale e l’autorità provinciale di pubblica sicurezza. E la risposta, secondo quanto trapelato, sarebbe già arrivata sul tavolo della sezione di polizia giudiziaria di via Mentessi. Tre sarebbero le comunicazioni ufficiali. Con un primo telex, il 30 marzo l’Arma informa immediatamente la polizia della rapina al vigilante a Consandolo. Il malvivente che ha sparato però non si conosce e viene identificato come «ignoto». Stessa dicitura – va precisato – utilizzata anche negli atti del fascicolo della procura aperto per quell’avvenimento. Il secondo telex arrivato a palazzo Camerini risalirebbe all’8 aprile, nell’immediatezza dell’omicidio del Mezzano, con il killer di Verri ancora una volta «ignoto». La terza nota dell’Arma arriva due giorni più tardi e qui, per la prima volta, si parla di Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, quale presunto autore della rapina di Consandolo, killer del Mezzano e, l’1 aprile, di Riccardina di Budrio. Tra il 30 e l’8 non vi sarebbero comunicazioni ufficiali, nonostante il nome di Igor, già da giorni, fosse sulla bocca di tutti. Anche nella chat privata della Provinciale: il 4 aprile infatti, Marco Ravaglia, l’agente ferito nel Mezzano, mise tutti i colleghi in allerta pubblicando la foto del ricercato. Quattro giorni prima dell’ultimo agguato mortale.