«Io, consulente sessuale: ma quanti tabù a Ferrara»

Donatella Rambaldi: »Così aiuto le coppie in crisi»

Donatella Rambaldi, consulente per ‘La Valigia Rossa’

Donatella Rambaldi, consulente per ‘La Valigia Rossa’

Ferrara, 15 aprile 2015 - Nata e cresciuta a Ferrara, laureata in lingue e sposata da ormai 18 anni, di lavori Donatella M. Rambaldi ne ha fatti molti. Da guida turistica a commerciale per un giornale d’annunci, ha scelto ora di diventare la consulente a Ferrara per ‘La valigia rossa’, azienda che si dedica al benessere sessuale femminile. L’abbiamo incontrata per saperne di più, tra tabù e voglia di far conoscere alle donne un mondo ancora tutto da esplorare.

Donatella, ci spieghi la sua scelta.

«Dopo 13 anni di lavoro al giornale, ho cominciato a sentirmi un po’ in gabbia, avevo bisogno di avere stimoli nuovi. Il contatto con le persone e la vendita dei prodotti era il mio pane quotidiano. Lo è tutt’oggi, ma si è trasformato. Un’amica psicologa un giorno mi disse «tu saresti perfetta per La valigia», così mi sono informata e più leggevo su quest’azienda più mi piaceva».

Ha smesso col vecchio lavoro, vero?

«Sì, da qualche settimana. Inizialmente ‘La valigia rossa’ era il mio tempo libero, ma all’azienda per cui lavoravo non andava bene, nonostante avessi un part-time. In più molto è dipeso dall’oggetto in sé: era l’ambito della sessualità il problema. Ora lavoro a tempo pieno per ‘La valigia rossa’, che nasce come progetto per le donne e per le coppie. Non è pensato per gruppi di soli uomini, a meno che non siano coppie omosessuali, perché purtroppo in Italia una donna che parla di sesso è considerata in automatico di facili costumi, mentre noi siamo donne normalissime. Siamo consulenti, non mere venditrici di sex toys».

Qual è di preciso il suo lavoro?

«Io tratto di salute e benessere, cosmetica erotica, emozioni vibranti e lingerie. Ogni consulente gestisce differentemente questi temi in base alla propria indole e agli argomenti richiesti dalle clienti. Parliamo molto anche di prevenzione, di Aids. Io mi sto specializzando nel settore salute e benessere, ma curo molto anche argomenti come il sesso in gravidanza e come mantenere vivo il rapporto di coppia».

Com’è lavorare a Ferrara?

«È sempre stata una piazza difficile. La collega che c’era prima di me lavorava soprattutto in provincia, dove c’è più riscontro. Le zone dove c’è maggiore lavoro sono la Romagna e il Veneto. Là sono avanti anni luce rispetto a noi. Però anche a Ferrara ho avuto gruppi meravigliosi».

Tipo?

«Un gruppo di signore tra i 50 e i 70 anni. Non sapevano cosa sarebbe successo, perché la padrona di casa le aveva invitate senza dare spiegazioni. È stato il mio primo gruppo e per certe cose allora ne sapevano più loro di me (ride). Ci sono gruppi che ti lasciano un’energia meravigliosa, anche se finisci alle due di notte, perché c’è predisposizione al dialogo. Quando il gruppo invece è molto eterogeneo, diventa una fatica: c’è chi si sente a disagio, chi parla e si diverte, chi ti guarda schifata...».

Che età hanno le sue clienti?

«La fascia più interessata va dai 35 ai 50 anni, ma sono preparata a informare ogni fascia d’età».

Lei è (anche) madre di due figli: come trova il sistema educativo scolastico in tema di sessualità?

«Manca in Italia un’educazione all’affettività e alla sessualità, ed è terribile. A scuola si fa educazione sessuale, limitandosi a trattare il sistema riproduttivo. Da queste lezioni il bambino capisce tutto e niente. Uno dei miei obiettivi è informare le madri, affinché anche i loro figli possano crescere con meno tabù».

Come vede quest’Italia?

«La parità uomo-donna non esiste e lo vediamo anche in ambito lavorativo, dove c’è anche una cultura sbagliata della maternità, intesa solo come una spesa per l’azienda. Questa mancanza di parità finisce anche nella sessualità: molti pensano che il problema sia la donna che non arriva all’orgasmo, non la mancanza di comunicazione nel capire cosa le piace nel rapporto sessuale. Così le donne spesso preferiscono fingere, con l’idea che l’uomo è così e non lo puoi cambiare. Sono tabù e preconcetti culturali che spesso ci passiamo di madre in figlia, mentre le donne dovrebbero capire che l’uomo può migliorare, dicendoglielo».

Cosa le ha insegnato La valigia rossa?

«A lasciare fuori il giudizio. Ci insegnano fin da piccoli a giudicare, sé e gli altri. Io sono una mamma, sono una moglie e sono una consulente sessuale. Ho 48 anni e per molto tempo ho vissuto per lavorare, ora invece voglio anche divertirmi nel lavoro che faccio». È stata una grande scuola, che voglio diffondere tra le donne per spiegar loro che non sono sbagliate. Bisogna solo imparare ad amarsi».

di Anja Rossi