Caso Tartari, sequestrato in casa mentre qualcuno va a provare il pin

Dagli atti: la sera della rapina una vicina sente dei rumori alle 21 e l'urlo dopo un'ora e mezza FOTO

Caso Tartari, le ricerche (Businesspress)

Caso Tartari, le ricerche (Businesspress)

Ferrara, 26 settembre 2015 - Uno  è dentro, indagato per rapina aggravata e utilizzo indebito di carte di credito. Due sono chissà dove e Pier Luigi Tartari, la vittima di tutta questa storia, ancora non si trova. E sono già passati 17 giorni. Il puzzle del mistero di Aguscello – vittima un 73enne pensionato, probabilmente rapinato e forse ucciso – sta magnetizzando tutti i tasselli. E allora vengono a galla quei piccoli dettagli che, se presi nella loro totalità, fanno una storia di cronaca nera con delle direzioni possibili.

Voci a verbale. Il primo punto nero su bianco è che qualcuno quella sera ha sentito. Verso le 21 di mercoledì 9 settembre (giorno della scomparsa) una vicina di via Ricciarelli sente trambusto in casa di Pier Luigi. Non solo, ma quella stessa persona, attorno alle 22.30, avverte le fatidiche parole «non ho niente». Tre parole, le ultime, forse, pronunciate da Pier Luigi Tartari. L’uomo che una sera è uscito per mangiarsi una pizza e al ritorno ha trovato la fine di tutto. Ma cosa può essere successo in quei 90 minuti? Il tempo di una partita di calcio per avere dalla vittima codici pin e la sicurezza di lasciare meno tracce possibili.  

I prelievi. Dai tabulati risultano due orari: il primo alle 21.37 alla Carisbo in via Comacchio e successivamente all’1.40 di notte alla Unicredit in via Padova. Ma solo il secondo tentativo va a buon fine. Alle 21.37, il bancomat di Tartari viene ingurgitato dallo sportello in via Comacchio ma non ne esce niente. I casi sono due: era già stato toccato il massimale giornaliero oppure le cinque cifre del pin erano sbagliate? Il sentiero del giallo si biforca verso due spiegazioni possibili. Se il bancomat aveva già raggiunto il massimale giornaliero si spiega il prelievo all’1.40 – ossia già il giorno dopo, anche se di poche ore – in via Padova. Se il bancomat in via Comacchio, invece, non ha dato nulla perché il pin era sbagliato allora l’ipotesi lungo la quale scavare è un’altra. Chi c’era in via Comacchio alle 21.37, Pier Luigi Tartari o uno dei suoi rapinatori? Nel primo caso Tartari da via Comacchio infila la strada di casa senza sapere che lì vi troverà il crepaccio che lo inghiottirà per sempre. Perché se alle 21 si sentono dei rumori vuol dire che qualcuno è già lì. L’altra possibilità è che Pier Luigi venga colto in casa e costretto a svelare il pin di bancomat e carta di credito. Lui resta in casa, guardato a vista da uno o più rapinatori mentre un sodale va a provare la carta. Pin sbagliato. Lancetta sulle 21.37. Tempo di tornare ad Aguscello per forzare i segreti di Pier Luigi e si fanno le 22.30. «... Non ho niente» come saluto alla sua casa prima di essere infilato nell’auto e portato chissà dove è il tassello che si spalanca sul rebus.

Le ricerche. Partono solo un giorno e mezzo dopo. È venerdì mattina quando il fratello e il vicino di casa si affacciano alla casa di Pier Luigi e trovano tutto a soqquadro e chiazze di sangue che, da quanto trapela, non sono quei gorghi descritti. Gli investigatori seguono le piste dei prelievi fatti con la carta di Pier Luigi e i fotogrammi raccolti da ipermercati, banche e negozi. Il primo colpo va a segno martedì scorso con il fermo – poi convalidato dal giudice – di Constantin Fiti: rumeno di 22 anni immortalato all’iper con altri due soggetti e in seguito con un paio di scarpe ai piedi acquistate con il bancomat di Tartari. E gli altri due che fino hanno fatto? Quando gli inquirenti mettono sotto controllo i telefoni (sabato) di loro più nessuna traccia. Perché, allora, nei giorni precedenti, fare shopping in città con un cadavere in giro? E se la loro partenza sia coincisa con la morte di Pier Luigi e il conseguente ritrovamento dell’auto? A telefoni, ovviamente, ormai spenti.