{{IMG_SX}}Forlì, 8 luglio 2008 - Stava per decollare un’altra estate dei ‘favolosi anni Sessanta’, quella del 1966 per l’esattezza, quando in Romagna arrivò l’autostrada. Dopo anni di attesa, la veloce arteria a pedaggio allacciava anche Forlì spalancando la porta agli scenari di sviluppo che l’euforia del miracolo economico annunciava a gran voce. Le cronache giornalistiche raccontano dell’entusiasmo, e della lunga coda di automobili fuori dal casello, impazienti di calcare il nastro di asfalto ancora immacolato. Il programma prevedeva l’inaugurazione a Bologna nel pomeriggio del 7 luglio con taglio del nastro e discorsi ufficiali, dopodichè un corteo di autorità e invitati avrebbe raggiunto l’altro capolinea, a Cesena. Quindi, allo scoccare della mezzanotte in concomitanza con l’arrivo dell’8 luglio, sarebbero entrati in funzione sbarre e operatori.

 

In realtà non andò così, perché la pressione degli automobilisti fu tale che l’accesso all’utenza venne anticipato di un paio d’ore. "Molti forlivesi — riportava il Carlino — hanno sostato diverse ore al casello di Pieve Acquedotto per poter essere i primi a varcare le barriere ed assaporare così il brivido della corsa in autostrada. Un’imponente folla si è pure assiepata all’esterno ed esattamente sulla fettuccia degli svincoli per assistere al fatidico momento dell’apertura". L’opera interessava 80 chilometri, da San Lazzaro di Savena (dove il ministro dei lavori pubblici Giacomo Mancini sforbiciò il nastro tricolore dopo la benedizione del cardinal Giacomo Lercaro) fino all’uscita cesenate. Si trattava della prima porzione della tratta fino a Rimini Sud che sarebbe stata completata in breve tempo.

 

Il resoconto giornalistico dell’evento nell’edizione nazionale portava la firma di Luca Goldoni: "Verso le cinque del pomeriggio quando smette la pioggia l’aria è fresca e limpida e un cielo torvo quasi autunnale ci risparmia un’arroventata attesa delle autorità". Il taglio avvenne alle 18 e, dopo una impegnativa parata cerimoniale, ci fu il battesimo del fuoco. O meglio... dell’asfalto, con gli acceleratori pigiati verso la Romagna.

 

In quegli anni, la vertiginosa crescita del traffico automobilistico appariva come uno degli effetti del boom e allo stesso tempo ne costituiva una delle principali cause. Anche a Forlì la diffusione delle autovetture assunse i connotati di un’impennata, con il dato provinciale schizzato dalle 5.871 unità del 1952 fino a quota 33.279 mezzi nel 1962. E i numeri continuavano a crescere. Ma per far circolare tanti mezzi servivano strade moderne. Così, dopo le pionieristiche realizzazioni degli anni Venti e Trenta, nel secondo dopoguerra la costruzione di una rete nazionale di autostrade divenne un obiettivo strategico condiviso. A guidare gli investimenti fu il piano nazionale noto come ‘Legge Romita’, approvato a metà degli anni Cinquanta. Quindi partirono le realizzazioni, a cominciare dalle arterie longitudinali, prima fra tutte l’A1, l’Autostrada del Sole Milano-Roma-Napoli.

 

Anche a Forlì il sogno autostradale balenò fin dagli albori con la partecipazione, nel 1925, ad un comitato promotore per lo studio di autostrade. Intenzioni che rimasero sulla carta e ripresero vigore negli anni Cinquanta attorno al progetto della direttrice adriatica da Bologna fino alla Puglia. Fu questo l’assetto che portò alla concretizzazione del progetto e che vide come primo tassello proprio il tratto romagnolo. L’arrivo dell’autostrada contribuì ad accelerare ulteriormente il processo di grande trasformazione che stava modificando radicalmente il modo di vivere e gli assetti economici nel Forlivese come in gran parte d’Italia. Il casello era stato costruito rispettando modelli standard ma nonostante l’aspetto poco significativo divenne subito protagonista, scalzando dai ruoli consolidati quelle che fino ad allora erano state le principali porte della città. Il profilo lineare di quella pensilina non poteva certo competere con il fascino dell’antica porta di Schiavonia, né con l’imponenza della stazione sorta nel 1927.

 

Eppure l’aura di modernità che circondava il casello ne arricchiva l’appeal e lo rendeva padrone di una forza magnetica. Ancor prima dell’apertura dei cantieri, l’imbocco autostradale aveva cominciato ad esercitare questa forza attirando verso di sé il baricentro produttivo della città. Diventò realtà quarantadue anni fa, tra applausi e colpi di clacson. Quel giorno anche Forlì ebbe un suo sipario inaugurale. Sul cavalcavia della Ravegnana, infatti, il corteo si fermò per consentire al ministro di scendere e ufficializzare la consegna alla pattuglia della Polstrada del primo foglio con le consegne operative.