Il disco rotto della storia

di Andrea Cangini

CHI MAI delegherebbe le decisioni ultime sulla propria sicurezza a un organismo dal quale è “permanentemente” escluso? Un organismo frutto di equilibri lontani, figlio di un mondo che non c’è più da tempo. Lo compongono di diritto e per sempre i soli vincitori della Seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Russia, la Cina. È stato deciso così settant’anni fa e nessuno ha più messo sul serio in discussione tale decisione. Poiché allora si veniva da una guerra e se ne intravedeva già un’altra, signori come Churchill, Stalin e Roosevelt decisero che l’uso della forza da parte di uno Stato è legittimo solo col consenso di tutti. Occorre l’unanimità dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Dunque, l’unico potere era ed è quello di veto. Ne consegue lo stallo, gli stati sono disarmati e il decisore non decide. Settant’anni fa era questo l’obiettivo; oggi l’obiettivo è opposto. Oggi, bisogna poter decidere e occorre farlo in ragione delle esigenze e degli equilibri internazionali odierni. Non di quelli del secondo dopoguerra.

DUNQUE, ricapitolando. Se la sicurezza nazionale è minacciata non possiamo difenderci, né prendere iniziative. A decidere quel che possiamo o non possiamo fare sono i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, organismo dal quale l’Italia è “permanentemente” esclusa perché settant’anni fa ha perso la guerra. Aver fatto finta di vincerla evidentemente non è bastato. Ne consegue che da settant’anni l’Italia accetta passivamente di sottostare a un sistema di regole e vincoli internazionali inattuale e ingiusto. Una follia ancorata a una follia, un disco rotto della Storia. E fa davvero stringere il cuore il fatto che, con tutta la forza di cui è capace, il governo italiano sia impegnato a conquistare, tra un anno, il diritto di sedere nel Consiglio generale dell’Onu come membro non permanente. Non permanente e a scadenza breve: due soli anni. Ci accontentiamo di poco. E per meglio vendere la nostra merce avariata ci vantiamo anche del fatto che siamo «il primo contributore di caschi blu tra i Paesi occidentali e settimo contributore al bilancio ordinario e del peacekeeping delle Nazioni Unite». Almeno ci dicessero grazie. Del diritto alla pari dignità con la Francia e con gli altri quattro Sommi Permanenti non ci azzardiamo nemmeno a parlare. Tanto non ci si filano. Ne consegue l’azione di corteggiamento del premier Renzi nei confronti del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ben sapendo che qualora il Consiglio di sicurezza dell’Onu dovesse valutare la richiesta di un’azione di polizia internazionale sulle coste libiche, la Russia porrebbe probabilmente il veto. Si tende a sottovalutare le implicazioni di questo arzigogolato meccanismo. Sul monopolio pubblico del potere di usare legittimamente la forza dentro e fuori i confini nazionali è nato lo Stato moderno, e la rinuncia a quel potere, a quella sovranità, lo sta facendo lentamente morire. Abbiamo l’Onu, e non sappiamo che farcene. Abbiamo lo Stato, e non possiamo farci niente.

di Andrea Cangini