Razzia di fiori dalla tomba del giovane figlio: "Viltà senza coscienza"

La lettera-denuncia dei coniugi Matti al sesto furto

Il cimitero del Piratello di Imola (Foto Isolapress)

Il cimitero del Piratello di Imola (Foto Isolapress)

Imola (Bologna), 29 settembre 2015 - Non tutti i fiori rubati sono uguali tra loro. E non lo sono nemmeno i ladri, benché il nostro ordinamento dica il contrario. Rubare un fiore da un giardino per la fidanzatina fa quasi tenerezza. Sottrarlo dalla tomba di qualcuno, invece, altro non fa che aggiungere dolore a chi con il dolore deve convivere ogni giorno. E’ il caso di Marino Matti e signora, genitori di Andrea, un solare ragazzo di 25 anni che l’11 marzo 2012 è stato stroncato da un malore al rientro da una serata con gli amici.

Una tragedia del destino con la quale Marino e consorte stanno imparando, con dolore, a convivere. Ma a ogni furto, a ogni pianta rubata da quella tomba, è come se si riaprisse una ferita insanabile. E al sesto episodio nel giro di nemmeno un anno hanno deciso di rompere il silenzio, in una lettera-appello. «Tre anni fa abbiamo perso un figlio di 25 anni, la nostra vita si è fermata quell’11 marzo del 2012 – scrivono i genitori –. Tante persone ci sono state vicine e tuttora continuano a farlo, gli amici più cari e quelli di nostro figlio, con la loro presenza ci sostengono con i ricordi, ma a chi viene colpito dalla perdita, di un figlio, cosa rimane dentro? I ricordi, le visite al cimitero, vedere la sua foto lì e pensare quante cose sono rimaste da fare, i sogni e i progetti incompiuti».

Al dolore  quotidiano, però, da qualche tempo se n’è aggiunto un altro: quello di «un odioso rituale che si protrae ormai da diverso tempo e che ben per sei volte fino ad ora ci produce risentimento e dolore». I Matti parlano, infatti, del furto di piante e fiori lasciati da loro, da amici e parenti in occasione di alcune ricorrenze: il giorno della morte, la commemorazione dei defunti, il compleanno come in questo caso dove è stata rubata una pianta deposta il 24 agosto. Furti che i coniugi non esitano a definire «una profanazione alla tomba e alla memoria di nostro figlio». Loro però «pur invasi da un comprensibile sentimento di rabbia e di indignazione» erano rimasti in silenzio, «ma ora dopo aver riscontrato che il gesto è stato ripetuto, abbiamo pensato che è superfluo dire che questi sono comportamenti vergognosi e vili, rubare un fiore o una pianta da una tomba, è un gesto vile e idiota che offende l’intelligenza di chi lo compie, ancor prima della dignità di chi lo subisce».

Perché «la noncuranza con cui si profana un luogo sacro come è quello in cui riposano i nostri defunti è qualcosa che lascia senza parole». E adesso, parlandone, «forse il messaggio arriverà anche ha chi ha compiuto tale vile gesto, sperando che venga colpito nella propria coscienza, se ce l’ha. E se di nuovo lo rifarà, non si senta poi così sicuro di non essere osservato».