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di CRISTINA DEGLIESPOSTI
«CALMA E GESSO». Parole che il sindaco Daniele Manca ripete spesso ultimamente, anche se quella di ieri è parsa più una murata a Palazzo Malvezzi che un voler temporeggiare. Il tema è quello dell’acqua e della recente proposta di Hera — spalleggiata dall’assessore provinciale all’Ambiente Emanuele Burgin — di ritoccare le tariffe del 3,5%, quando solo a fine aprile aveva già incassato un più 3,4 legittimamente previsto dal contratto di servizio per il 2011. Non bastava il caldo africano di ieri a rendere bollente la giornata: Imola ci ha voluto mettere del suo sbattendo la porta in faccia a chiunque ventilasse nuovamente aumenti. L’ha fatto prima in mattinata, nella riunione dell’Ato (ambito territoriale ottimale), dove l’assessore all’Ambiente Luciano Mazzini ha portato un messaggio forte e chiaro dal Santerno: dopo l’esito del referendum, che ha neutralizzato il decreto Ronchi e abolito la quota di remunerazione del 7% anche per Hera, ad aumentare le bollette non ci si pensa nemmeno. Poi nel pomeriggio è stato il primo cittadino imolese in persona, presidente anche del patto di sindacato di Hera, a dire «basta agli equivoci tra i cittadini. Serve un sistema tariffario più trasparente, equo e giusto». Partiamo dall’inizio. Per Burgin l’aumento del 3,5% delle tariffe dell’acqua in provincia doveva servire «a fermare la diminuzione dei ricavi di Hera dovuti alla forte contrazione dei volumi di acqua venduta». Come già detto in più occasioni, i cittadini risparmiosi e la crisi economica che ridotto i consumi di acqua delle aziende hanno portato Hera a distribuire tra il 2008 e il 2010 78 milioni di metri cubi di acqua contro gli 81 preventivati, con una evidente ricaduta sulle bollette incassate. «Dobbiamo trovare un punto di mediazione», ha insistito Burgin ma intanto l’Ato ha congelato l’aumento delle tariffe rinviando tutto a lunedì. La situazione però difficilmente si sbloccherà, tanto che ieri mattina a margine della presentazione del bilancio di sostenibilità a Imola l’ad Chiarini ha glissato: «L’aumento per il recupero dei volumi d’acqua? Ne parleremo più avanti».
E IMOLA prevede di tener duro. «Di certo la nostra posizione non cambia — ha chiarito nel pomeriggio Manca —. Basta coi messaggi sbagliati e contraddittori, soprattutto da un’istituzione che non è neppure azionista di Hera. Non possiamo dire ai cittadini che aumentiamo le tariffe perché consumiamo meno acqua di prima. I cittadini ci manderebbero a casa o anche forse a quel paese, legittimamente». Per Manca «decidere aumenti tariffari dopo il referendum, tra l’altro neppure pubblicato (il Capo dello Stato ha 60 giorni di tempo, ndr), in assenza di una determinazione del Parlamento, in assenza di analoghe decisioni per altre utilities in Italia, con la legge Ronchi decaduta, è un errore politico chiarissimo. Vogliamo una tariffa sociale che premi chi usa l’acqua in modo responsabile». Anche il sindaco di Bologna Virginio Merola ha sposato la posizione imolese che, in giornata, ha incassato anche il sì del Comitato felsineo ‘Due sì per l’acqua bene comune’. Ma alla proposta di delistare Hera dalla borsa o scorporare il servizio idrico dal resto, Manca risponde: «Sono invenzioni».