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di LIDIA GOLINELLI
LA SOCIETA’ di scopo vola sui voti della maggioranza che ne ha approvato la costituzione con 18 sì contro i 9 no della minoranza. Ma la maratona in consiglio comunale (quattro ore e mezzo) passa alla storia come il grande momento dell’opposizione: non importa cosa dichiari al microfono, puntualmente strappa gli applausi a raffica dei lavoratori che passeranno a BeniComuni srl. Alle 19.28 il voto dichiara la loro sconfitta, ma il gruppone vociante può mettere all’occhiello la vittoria per la conduzione della seduta: un’assemblea con battibecchi e grida più che una seduta consiliare. In guanti di velluto, la presidente Paola Lanzon evita lo sgombero dell’aula presidiata da due poliziotti in borghese e dagli agenti della municipale. «Avrei potuto fare sgombrare dopo dieci minuti, abbiamo scelto di non farlo», risponde Lanzon all’opposizione che chiede la sospensione della seduta.
GIUNTA e maggioranza attaccate dai dipendenti imbufaliti. Non è mai successo. E la forza dei numeri non riesce ad appannare l’imbarazzo. Tanto che alla fine il segretario pd Fabrizio Castellari (terreo) rinuncia alla dichiarazione di voto. Non si può dire che il Pd si sia distinto per gli interventi. Il capogruppo Gilberto Cavina si rivolge imprudentemente alla platea furente: «Vorrei mettervi in guardia contro chi in questa aula sta speculando», e si becca lo stop a tutto decibel. E il suo collega Maurizio Barelli non è da meno: «Sulla società possiamo garantire noi che abbiamo la maggioranza», e scatta il finimondo.
A quel punto il sindaco tenta di prendere le redini ripetendo le motivazioni della sua scelta: «Nei prossimi anni i tagli comprimeranno la spesa per i dipendenti pubblici; i servizi di manutenzione sono ad alta valenza industriale ma noi li manteniamo pubblici». Niente da fare, anche Manca viene interrotto a suon di ‘falso’.
MA LA PALMA del massacro va all’assessora al Personale, la comunista Donatella Mungo. Le tocca parlare per prima, va via a raffica con lo sguardo al pavimento e fa le spese di una contestazione scientifica: rumori di sottofondo, cartelli che oscillano, bandiere che sventolano.
«VI PREGO di farmi finire senza fischi», implora inutilmente. Tenta di lodare servizi e operatori e si assume la responsabilità delle scelte, ma le gridano: «Basta, fate pena». «Avete dato alla Mungo questo assessorato perché facesse queste figure», grida Riccardo Mondini (Unione di centrodestra). «La Mungo si è immolata per il centrosinistra», rincara Simone Carapia (Pdl). E Giuseppe Palazzolo (Per Imola) invita alle dimissioni un’altra assessora: Raffaella Salieri, la titolare delle Opere pubbliche che si ritrova senza personale.
«DOVREMO darle la patente di incapace», gira il coltello Guido Boschi (gruppo Misto). Anche Salieri prova a difendere la srl: «Con queste risorse e questa burocrazia non siamo in grado di programmare la manutenzione». Viene interrotta: «Fuori, vergogna». E in aula è l’anarchia. Il silenzio sui volti dei lavoratori ormai rassegnati cala dopo il voto. E a tarda sera viene smontata la tenda che presidiava il Palazzo.