Omicidio di via Nacchi: condannato a 30 anni

Massimo della pena in abbreviato per Ahmed Ben Haj, tunisino 22enne

I rilievi della polizia in via Nacchi

I rilievi della polizia in via Nacchi

Reggio Emilia, 20 settembre 2017 - Ha pianto durante l’udienza, quando il suo avvocato, Domenico Noris Bucchi, ha raccontato al giudice di una sua telefonata dal carcere, in toni disperati: «Ho solo te – gli aveva detto cercando rassicurazione e conforto –. Ci sarai al processo?».

È invece rimasto composto quanto il giudice Stefania De Rienzo ha pronunciato la sentenza, la più pesante che potesse emettere, accogliendo in pieno le richieste avanzate dal magistrato Isabella Chiesi: trent’anni di carcere con il rito abbreviato, riconoscendo l’aggravante, che la difesa invece rigetta, della premeditazione.

È questo il verdetto per il tunisino 22enne Ahmed Ben Haj che l’8 giugno 2016 uccise a coltellate in via Nacchi, in pieno centro storico, il connazionale 41enne Mahdi Sallami: sparito dalla città, venne arrestato una decina di giorni dopo dalla polizia in Francia.

Sulla premeditazione, il pm Isabella Chiesi che ha coordinato le indagini della Mobile di Reggio ipotizzò che Ahmed si era voluto vendicare perché la vittima il 31 dicembre 2013 l’aveva sfregiato al volto, e chiese il giudizio immediato. La difesa ha optato per il rito abbreviato.

Nella sua arringa durata quaranta minuti ieri l’avvocato Bucchi ha cercato di smontare la premeditazione e, dopo la sentenza, ha annunciato di impugnarla proprio su questo profilo: «Attendiamo di leggere le motivazioni, ma non ci sono le prove per sostenerla». L’esclusione di quest’aggravante dalla condanna comporta la riduzione della pena a sedici anni.

Dopo un’ora di camera di consiglio il giudice ha invece accolto in pieno le richieste del sostituto procuratore Chiesi, che nella sua requisitoria, durata tre quarti d’ora, ha chiesto trent’anni, il riconoscimento della premeditazione e il rigetto delle attenuanti generiche. La parte civile, rappresentata dell’avvocato Vainer Burani, ha chiesto in tutto 800mila euro di risarcimento: nello specifico centomila euro per ognuno dei sei fratelli di Sallami, mentre per il compagno della vittima, il 59enne reggiano Silvano Morini, duecentomila.

Il giudice ieri ha riconosciuto una provvisionale di diecimila euro solo a Morini, rimandando la definizione di tutte le richieste alla sede civile: «È stata riconosciuta la gravità del fatto – dice dopo la sentenza Burani, riportando anche il pensiero di Morini, ieri in aula – e soprattutto la premeditazione, non solo per l’effetto risalente al passato, ma anche perché quel giorno Ben Haj aveva visto la vittima ed era andato a comprare il coltello».